Sergio Romano, Corriere della Sera 17/12/2013, 17 dicembre 2013
LA NASCITA DEL SUDAFRICA SCONTRO FRA DUE PATRIOTTISMI
Secondo me appare un po’ forzato mettere sullo stesso piano Mandela e De Klerk. Il secondo ha solo cercato di salvare il salvabile ed evitare un bagno di sangue. Ma la sua vita era passata tra gli agi e i privilegi riservati alla razza bianca e ai membri di un partito che, con quattro voti, faceva il bello e il cattivo tempo in Sudafrica. Ai tempi di John Voster (delle rivolte di Soweto e dell’uccisione di Biko in carcere) e di P.W. Botha, De Klerk non ha mai avvertito afflati di eguaglianza. John Voster e P. W. Botha (prima maniera) l’avrebbero estromesso dal partito, se avesse fatto una qualche apertura verso i neri! Invece ha avuto incarichi di governo ed è stato, anche, ministro dell’interno senza apportare alcun sollievo ai neri. Mandela, invece, usciva da una vita passata in prigione! L’intera giovinezza distrutta in prigione! La sua grandezza sta proprio nell’aver pensato solo ed esclusivamente alla riconciliazione! De Klerk e’ stato un furbetto! Mandela, un grande!
Tommaso Procopio
tom.p@iol.it
Caro Procopio,
Conosciamo i guasti politici e morali provocati dall’apartheid. Conosciamo la caparbietà, spesso ottusa, con cui larghi settori della società di origine olandese sostennero il superbo principio della loro superiorità razziale. E conosciamo infine la violenza con cui le forze di sicurezza del Sudafrica cercarono di reprimere il movimento dell’African National Congress. Ma non dovremmo dimenticare che la storia della colonizzazione bianca dell’Africa del Sud è alquanto diversa da quella di altre regioni africane. I boeri, come erano chiamati gli agricoltori olandesi del Transvaal (la regione in cui sorgono Johannesburg e Pretoria), non erano migranti europei, installati in territori esotici sotto la protezione di una potente madrepatria. Furono indipendenti sin dall’inizio della loro storia, costruirono villaggi e città, misero a frutto terre incolte, crearono nuove istituzioni e almeno due Stati: il Transvaal (riconosciuto dalla Gran Bretagna nel 1852, ribattezzato Repubblica Sud Africana quattro anni dopo) e il Libero Stato dell’Orange.
Quando Londra, per ragioni strategiche ed economiche (la scoperta di oro e diamanti), cercò di annettere quelle terre o privarle di gran parte della loro sovranità, i boeri combatterono per la loro patria. La guerra scoppiò nel 1899 e si concluse con la vittoria degli inglesi nel 1902, ma la guerriglia continuò sino a quando il generale Kitchener, che aveva assunto il comando delle forze britanniche nel 1900, non ebbe liquidato la resistenza distruggendo le fattorie dei boeri e richiudendo le loro famiglie in campi di concentramento. Vi erano 25.000 soldati inglesi in Sudafrica all’inizio delle operazioni; ve n’erano 300.000 alla fine contro una forza boera di circa 70.000 uomini. La Gran Bretagna bruciò in Sudafrica il capitale di potenza liberale che aveva accumulato nel corso dell’Ottocento sostenendo i moti nazionali e liberali europei.
La guerra dei boeri non fu inutile. Aveva dimostrato di quale pasta fossero fatte le popolazioni di origine olandese e con quale tenacia fossero pronte a difendere le loro terre. Nel 1909 il Parlamento britannico approvò una legge che riconosceva ai coloni inglesi e olandesi gli stessi diritti. Da quel momento il Sudafrica fu Dominion, con uno status simile a quello dell’Australia e del Canada, sino a quando, nel 1960, divenne Repubblica. Queste vicende e le due grandi guerre europee, a cui i sud-africani hanno partecipato con i loro corpi combattenti, hanno creato un patriottismo bianco che non è meno nobile, storicamente, del patriottismo nero di cui de Klerk riconobbe l’esistenza e la legittimità alla fine degli anni Ottanta. Perché non riconoscere che ci sono stati conflitti in cui entrambi gli avversari potevano avere le loro ragioni?