Fabrizio Roncone, Corriere della Sera 17/12/2013, 17 dicembre 2013
ROTTAMATA SULL’ULTIMA CORSA L’ETERNA CANDIDATA FINOCCHIARO
La senatrice Anna Finocchiaro è stata esclusa dalla nuova direzione nazionale del Pd: siamo innanzi a un’esclusione che molti osservatori giudicano emblematica.
Anna Finocchiaro era potente, rispettata e autorevole, temuta e, quindi, molto sicura di sé (sospettata, per questo, di alterigia): quando prendeva la parola, nell’emiciclo di Palazzo Madama calava, automatico, il silenzio. Qualcosa si può spiegare con il fascino di quella sua voce, risonanze baritonali con accento siciliano; il resto del suo grande carisma è stato però a lungo un miscuglio di tante altre cose.
Tra memoria e Wikipedia : il più corteggiato pm di Catania che a 32 anni diventa parlamentare; alla Camera nel 1987 con il Pci, nel 1992 e nel 1994 con il Pds (alla Bolognina fu Luciano Violante ad asciugarle le lacrime, «Ho visto arrivare per fax il simbolo del nuovo partito, e non ho retto»), poi ministro per le Pari opportunità nel Prodi I, quindi eletta al Senato nel 2006 con l’Ulivo e rieletta, mantenendo l’incarico di capogruppo, nel 2008 con il Pd.
Aggiungete: nell’aprile 2006 dovrebbe diventare ministro dell’Interno, sembra fatta, ma alla fine la spunta Giuliano Amato. Passa un mese e il suo nome inizia a circolare per il Quirinale (Prodi aveva detto: «Ci vorrebbe un segno di novità. Magari una donna»). Però al Quirinale sale Giorgio Napolitano (lei, stizzita: «Un uomo con il mio curriculum sarebbe già stato nominato Presidente della Repubblica da tempo»). Un anno dopo è candidata a guidare il nuovo Pd. A Firenze, all’ultimo congresso dei Ds, si esibisce in un discorso magnifico, interrotto da ventuno applausi. Ma il Pd lo fonda Walter Veltroni.
Insomma, anche qualche credito con la fortuna.
E poi?
Poi non è più stata una questione di fortuna. Poi, quando lei compie 58 anni, arriva Matteo Renzi.
È il 15 aprile del 2013. Partita per le elezioni del nuovo Capo dello Stato. Renzi spinge per Prodi e attacca la Finocchiaro, che è tornata a essere in corsa per il Quirinale.
Renzi: «Mi spiace, ma non può diventare Presidente chi ha usato la sua scorta come carrello umano per fare la spesa da Ikea».
Finocchiaro: «Sai cosa sei? Sei un miserabile!».
La storia dell’Ikea risale a un anno prima, aprile 2012. Il settimanale Chi pubblica una foto che ritrae la Finocchiaro all’uscita dal grande magazzino: i tre uomini della sua scorta spingono il carrello, con dentro padelle antiaderenti. Lei prova a difendersi: «Avere la scorta non è un piacere. Nonostante ciò, cerco di fare una vita normale». La spiegazione non convince il web, su Twitter creano l’hashtag #finocchiarovergogna, il partito è in imbarazzo, Renzi si appunta l’incidente e lo ritira fuori all’improvviso, come sa fare lui, un anno dopo: freddo, lucido, tagliente.
I rapporti con Renzi, già quasi inesistenti, diventano polvere (al sindaco di Firenze era in verità parso pure terribile anche un altro incidente: quando la Finocchiaro — gennaio 2013 — ospite di «Porta a porta», aveva replicato a Mariastella Gelmini, urlando: «Siamo deputate, non bidelle!». E Crozza, velenoso, pochi giorni dopo a «Ballarò»: «Come si fa a paragonarle? Le bidelle lavorano!»).
La Finocchiaro finisce così nell’elenco renziano di coloro che devono essere «rottamati» (nella lista c’è anche, come si sa, Massimo D’Alema, al quale è legata da profonda amicizia). Il cammino politico diventa faticoso, ormai le richieste di interviste arrivano di rado, il settimanale L’Espresso pubblica un servizio in cui racconta che la senatrice non ha perso l’abitudine di farsi aiutare dagli agenti della scorta: stavolta li hanno sorpresi al supermercato mentre le prendevano le banane.
Lei replica stizzita: «Le banane me le sono scelte da sola!». Ma tace sulle vicende giudiziarie siciliane che coinvolgono il marito, il ginecologo Melchiorre Fidelbo, e su alcune telefonate intercettate mentre parla con Maria Rita Lorenzetti, l’ex presidente della regione Umbria, che la Procura di Firenze metterà poi agli arresti domiciliari (inchiesta relativa ai lavori del Tav in Toscana).
Destino segnato.
Renzi ha deciso: prima le sposta la partita della nuova legge elettorale dal Senato — dove lei è presidente della Commissione Affari costituzionali — alla Camera; quindi la esclude dalla direzione nazionale.
Interpellato su questo tramonto politico così struggente, Maurizio Migliavacca, suo caro amico, ha detto: «Di Anna preferisco non parlare». Due senatori, addirittura, sono rimasti muti .
Fabrizio Roncone