Fabrizio Gifuni, La Repubblica 15/12/2013, 15 dicembre 2013
IL CORPO
Il corpo non sa mentire. Le parole sì, le educhiamo a farlo fin da piccoli: dissimulano, evadono, si mettono con l’esercizio al servizio dell’occasione. Non il corpo, alla prova dei fatti mai bugiardo. Non lo sguardo, quello davvero mai. Ma neppure la pelle (rossore, pallore, sudorazione improvvisa) né le mani, con evidenza. L’apertura o chiusura delle spalle. Il nostro modo di correre o di camminare. Su questo lavora soprattutto un attore. Emozioni, sentimenti, stati d’animo radicati e remoti si rivelano attraverso carne, muscoli, tendini. La voce è parte del corpo: la più intima e autentica. Nasce nel corpo, sgorga dal suo fondo. Quando le parole sono ancorate al respiro e in sintonia con l’identità del timbro — con il suono di quel corpo — sono sempre più chiare e più vere. La parola detta, poi, nel viaggio dalla coscienza al suono, serba traccia della responsabilità. Dimmelo in faccia, si dice. Le aggressioni personali sul web, e quelle su carta, si ridurrebbero molto se le persone fossero costrette a guardare negli occhi gli interlocutori, esponendo i loro corpi al confronto.
Ogni corpo, non solo quello di scena, potrebbe assumere ogni sembianza se solo lo si allenasse ad abitare di nuovo la propria infanzia. L’uomo è animale mimetico, nasce disponibile a qualsiasi trasformazione. Scuola e famiglia, quasi sempre, diseducano i corpi incatenandoli alle buone maniere. Solo abbandonarlo al gioco lo scatena: rompe le catene, sprigiona energia, produce campo magnetico. Il corpo è un generatore di forza. Illumina e muove altri corpi. Più si smaterializza nella rete, più scompare dentro gli schermi più torna potente in teatro. Vivo, sorprendente, incapace di mentire.