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 2013  dicembre 16 Lunedì calendario

IL DOLLARO, L’EURO E LE LEZIONI FED


Si è appena chiusa una settimana interessante per dollaro ed euro. Innovazioni rilevanti sono state apportate agli strumenti che regolano la politica monetaria. Cominciamo dal dollaro, che ha confermato di essere ancora il primum mobile del sistema monetario mondiale. Le decisioni della Fed infatti, e persino le sue non decisioni, sono in grado non solo di scatenare terremoti sui mercati superiori a quelli generati da Euro o Yen, ma finiscono anche per essere imitate dalle altre autorità monetarie.
La Fed ha deciso di non porre ancora termine al quantitative easing da 85 miliardi di dollari ma ha anche deciso di chiarire ai mercati che tale riduzione potrà iniziarla tra non molto, quando la disoccupazione sarà scesa al 6,5%, e che ha sempre disponibile la manovra tradizionale dei tassi di interesse. Inoltre, la Fed ha apportato un’altra innovazione annunciando la prossima cessazione della remunerazione delle riserve in eccesso che le banche americane depositano presso di lei. Quando tale remunerazione iniziò fu scelto un tasso, lo 0,50%, non eccessivamente allettante. Ma ora, dopo le misure di ampliamento massiccio della liquidità, il tasso è generoso e in grado di attirare masse di liquidità che le banche collocano in un investimento a breve privo di rischi. Tra le due sponde dell’Atlantico si è ricreata una situazione frequente fin dagli anni ‘50: una discrasia tra fasi del ciclo economico, con crescita robusta negli Usa, semistagnazione in Europa, eccesso di importazioni americane e quindi ritorno dell’America al ruolo di locomotiva. Questa condizione transatlantica fu spesso deprecata dalla virtuosa Europa, che borbottava contro l’eccesso di domanda interna americana che esportava, secondo i tedeschi, in particolare, l’inflazione nel resto del mondo.
Ora l’Europa continentale si trova a lottare con una minaccia di deflazione tale che persino dalla Bundesbank e dal governo tedesco, alle tradizionali lamentele antiamericane è stata messa la sordina. Se non fosse per gli Stati Uniti e per i paesi emergenti, la politica di stupida austerità imposta dalla Germania avrebbe condotto nella periferia europea, incluse Italia e Francia, a una deflazione ben più grave di quella, pur seria, che si è verificata. La politica monetaria e di bilancio Usa, nonostante le folli giravolte congressuali dei repubblicani contro di essa, ha permesso all’Europa di perseverare diabolicamente in una politica di risanamento che ottiene risultati opposti a quelli vantati. Senza la domanda americana i virtuosi europei, compresi i tedeschi e i loro satelliti finlandesi, austriaci e olandesi, avrebbero folle xenofobe in piazza e populisti in parlamento in misura ben maggiore. Malgrado le sparate del governatore Weidmann e di qualche talebano accademico, il governo tedesco sembra aver realizzato infine che qualcosa bisogna concedere ai paesi periferici. Si spiega così l’ammorbidimento relativo dei tedeschi che ha permesso l’introduzione di una parte importante della Unione bancaria europea, quella relativa al meccanismo unico di risoluzione. Parliamo di ammorbidimento, ma non sappiamo davvero se le procedure scelte siano un miglioramento o un ulteriore peggioramento della situazione attuale.
Se in Europa una banca è in gravi difficoltà, non ci si deve trovare più in futuro nella necessità da parte del governo sul cui territorio è incardinata di intervenire a salvarla, con uso massiccio di risorse finanziarie che il governo si può solo procurare emettendo debito pubblico. Il debito pubblico emesso si collocherà a sconti talmente ampi da dettare tassi di interesse maggiori che non i Paesi non altrettanto indebitati per colpa dei salvataggi bancari. Questo avviene perché adottando l’euro i Paesi europei hanno rinunciato alla sovranità monetaria. Quando si decise la creazione dell’euro, questa novità fu messa in rilievo da parecchi, compreso il sottoscritto, specie in relazione a un’altra: la creazione di una Bce anch’essa priva di sovranità monetaria, cioè di capacità di fornire liquidità agli Stati membri in caso di emergenze.
La Bce si differenzia dalla Fed perché fornisce liquidità alle banche, ma in prestito e non mediante acquisti di titoli. La versione Bce del quantitative easingè avvenuta mediante prestiti mettendo a dura prova la legalità del sistema appena creato con interpretazioni ad hoc delle regole. Solo la determinazione di Draghi ha permesso la creazione di uno strumento come le Omt, le transazioni monetarie condotte mediante acquisti di titoli. Uno strumento mai provato, essendo bastato l’effetto annuncio della sua introduzione a calmare la tempesta. Ora, con la procedura unica di risoluzione si dà a credere di aver superato i problemi presentatisi coi ripetuti bailout di banche a spese dei governi. Ma la nuova procedura, come al solito per l’arte tedesca di dare e riprendere allo stesso tempo, non sarà a punto per anni. Anche quando lo sarà, come ha notato Charles Goodhart l’altro giorno alla Luiss, porterà a una responsabilità dei creditori delle banche che potrà avere come risultato che le loro obbligazioni le comprino solo gli speculatori estremi a prezzi di saldo e poi cerchino di estrarre, mediante protratte azioni legali, tutto il sugo possibile, con i riflessi sui mercati che è facile immaginare. Dopo esperienze disastrose col nuovo sistema, i governi nazionali saranno di nuovo coinvolti nei salvataggi. Si tornerà, cioè, a nuovi bailout. L’Europa monetaria ha fatto, anche la scorsa settimana, una ben magra figura nei confronti degli Stati Uniti. Con tanti saluti alle sue pretese di essere divenuta il principale polo economico e monetario del mondo.