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 2013  dicembre 16 Lunedì calendario

WALL STREET IL CENTENARIO DIFFICILE DELLA FEDERAL RESERVE


Questa settimana la Federal Reserve potrebbe cominciare a ridurre il programma di quantitative easing (Qe) con cui sta comprando 85 miliardi di dollari al mese di titoli basati sui mutui e di titoli di stato Usa per dare liquidità al mercato. Alcuni analisti se lo aspettano e un banchiere della Fed — James Bullard, presidente della St. Louis Federal reserve bank — se lo augura apertamente, dopo gli ultimi dati sull’economia americana che mostrano il calo della disoccupazione al 7% e una crescita del 3,6% del Prodotto interno lordo nel terzo trimestre.
Ma secondo la maggioranza degli investitori la banca centrale Usa non cambierà la sua politica monetaria nemmeno nella riunione del 17-18 dicembre. E l’attuale governatore Ben Bernanke passerà al suo successore Janet Yellen la patata bollente di trovare la giusta exit strategy : come uscire dal «quantitative easing» senza far crollare i mercati.

Primato
Yellen è la prima donna a prendere le redini dell’istituzione più potente al mondo nel campo dell’economia e della finanza: un evento storico che coincide con le celebrazioni dei primi 100 anni di vita della Fed. Il 23 dicembre 1913, infatti, il presidente Woodrow Wilson firmò la legge istitutiva del sistema della Federal Reserve, che è fatto di 12 Reserve bank decentrate coordinate dalla sede centrale a Washington. C’è chi si chiede se quel complesso sistema sia tuttora valido, ma la discussione oggi è soprattutto su quale sia il mandato della Fed nel lungo termine e, nel breve, su come farà a dismettere i quasi 4 mila miliardi di dollari in titoli accumulati nelle sue casse con il Qe dal novembre 2008 in poi.
È un volume di obbligazioni straordinario, con un solo precedente storico che risale agli Anni Trenta dopo l’abbandono della convertibilità del dollaro in oro, fa notare Carmen Reinhart, docente di Sistema finanziario internazionale alla Kennedy school of government della Harvard university e famosa per il bestseller Questa volta è diverso. Otto secoli di follia finanziaria , scritto con Kenneth Rogoff.

Diverse missioni
In un saggio sul centenario della Fed, Reinhart e Rogoff hanno sottolineato come sia cambiata nel tempo la missione della banca centrale americana: creata nel 1913 dopo una serie di crisi bancarie e ondate di panico fra i risparmiatori, all’inizio doveva preoccuparsi solo della stabilità del sistema finanziario e fornire liquidità nel momento del bisogno (lender of last resort , prestatore di ultima istanza); ma non essendoci più state crisi sistemiche dal ’45 alla fine degli Anni Settanta, quell’obiettivo è stato dato per scontato dopo un po’, spostando l’attenzione sul promuovere la massima occupazione e la stabilità dei prezzi, come prevede la legge «per il pieno impiego» del 1978. Dopo la crisi finanziaria e la Grande recessione del 2008-2009 il mandato iniziale di tutelare la stabilità del sistema bancario è tornato però più che mai attuale: ora si parla di «vigilanza macroprudenziale», cioè la capacità di controllare la solidità delle banche non solo individualmente ma con l’attenzione agli effetti del loro comportamento sull’intero sistema.
Ma i critici della Fed si chiedono come la banca centrale possa adempiere a questo compito dopo essere rimasta «un osservatore passivo durante il boom immobiliare e le fasi iniziali del crash », come ha scritto Gerald O’Driscoll, studioso del pensatoio libertario Cato institute ed ex vice presidente della Federal Reserve Bank di Dallas, nel saggio 100 anni dopo, la Federal reserve è stata una buona idea? . Secondo O’Driscoll l’ultima crisi finanziaria mostra che «la Fed ha fatto un cattivo lavoro nel vigilare sulla sicurezza e solidità del sistema» e gli scarsi effetti del Qe sull’occupazione dovrebbero far ripensare tutta la sua missione. L’erede di Bernanke dovrà fare i conti con queste critiche e rispondere a tutta una serie di interrogativi sul ruolo futuro della Fed: quanto deve preoccuparsi, per esempio, del gonfiarsi di bolle speculative? Può individuare per tempo l’inflazione dei prezzi azionari e, se è in grado di farlo, deve intervenire alzando i tassi di interesse per ridurre i rischi di un nuovo collasso finanziario?

Pesante eredità
In una recente testimonianza in parlamento Yellen ha detto che secondo lei Wall Street oggi non è sopravvalutata. Ma sa bene che a sostenere la Borsa americana ai massimi giocano una parte importante le aspettative sulla continuazione del Qe. Bernanke aveva detto che l’obiettivo della sua politica monetaria era abbassare la disoccupazione al 6,5% tenendo l’inflazione attorno al 2%. Le due mete sono relativamente vicine oggi, ma sono anche due soglie «arbitrarie» e apertissime alle interpretazioni. Molti analisti hanno osservato che il calo recente della disoccupazione è dovuto soprattutto all’abbandono della ricerca di un posto da parte dei senza lavoro, che così escono dalle statistiche dei disoccupati: il mercato, quindi, non sarebbe ancora abbastanza forte per rallentare lo stimolo della Fed. Dall’altra parte cinque anni di stimoli straordinari hanno fatto scendere la disoccupazione solo di tre punti, dalla punta massima del 10% nell’ottobre 2010 (era il 7,3% nel dicembre 2008). Mentre pende la paura che tutta la liquidità immessa nel sistema prima o poi riaccenda l’inflazione. Uno dei saggi sulla storia della Fed nel sito speciale che celebra i suoi 100 anni — www.federalreservehistory.org — riguarda la «Grande inflazione» degli anni 1965-82 ed è scritto da Michael Bryan, della Federal reserve bank of Atlanta: sottolinea come una delle cause di quel disastro economico fu l’illusione che promuovere un po’ di inflazione avrebbe aiutato a combattere la disoccupazione; il risultato fu invece avere sia alta inflazione sia alta disoccupazione, la cosiddetta stagflazione terminata solo con la stretta monetaria del governatore Paul Volcker. Un’altra lezione che Yellen non può dimenticare.