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 2013  dicembre 16 Lunedì calendario

INTERNET BITCOIN, IL LATO OSCURO DEL NUOVO ELDORADO


Ha solo quattro anni, nessuna autorità centrale, un fondatore che si nasconde dietro uno pseudonimo ed è spesso usato per transazioni che hanno a che fare con il lato oscuro della Rete. Il suo valore sale (tanto) e scende (parecchio): c’è già chi ci vede tutte le premesse per una bolla speculativa.
Ma secondo molti il Bitcoin, la valuta nata sul web per il web, potrebbe essere la moneta del futuro: introdotta da piattaforme come Mega e The Pirate Bay, ora è utilizzata da siti più mainstream come Reddit e Wordpress. È guardata con interesse anche dai colossi dell’ecommerce: il cinese Baidu la usa già, eBay la tiene d’occhio.
Pure la finanza «tradizionale» cavalca l’onda delle monete virtuali: Ben Bernanke la ha definita «promettente», la piazza finanziaria SecondMarket ha lanciato il primo fondo di investimento dedicato, JPMorgan ha depositato il brevetto di un sistema di scambi di denaro che ha le stesse caratteristiche di Bitcoin. E cioè l’assenza di commissioni a terzi, la garanzia di anonimità, l’irreversibilità delle transazioni. Caratteristiche che hanno fatto la fortuna di Bitcoin, ma che possono spaventare i potenziali investitori, attratti da una moneta che ha visto il suo valore salire da 0,05 nel 2010 a picchi da 1.200 dollari a fine novembre 2013.

Meccanismi
Il meccanismo che regola il valore dei Bitcoin, infatti, si basa sulla sua diffusione virale: come ha spiegato lo stesso Satoshi Nagamoto (il misterioso matematico che nel 2009 ha inventato la valuta) «quando il numero degli utenti aumenta, cresce anche il valore di ogni bitcoin». Originando — come l’ha definita Adrien Chen in un editoriale sul New York Times — «una forma piuttosto potente di ansia sociale di perdersi qualcosa».
In fondo investire nei Bitcoin è facile: si possono comprare o si possono creare scaricando un software opensource chiamato Multibit e mettendo i pc di casa al lavoro. Dietro la moneta, che non si appoggia a nessuna autorità centrale, ci sono i «minatori», cioè le persone che usano il software per estrarre Bitcoin. Il sistema, strutturato su regole pubblicate da Nagamoto su Internet, impone che ogni quattro anni la produzione di nuova moneta virtuale si dimezzi fino al raggiungimento del traguardo dei 21 milioni. Poi, la massa monetaria resterà invariata.
Ma cosa possono fare i nuovi ricchi di Bitcoin? Per il momento, ancora poco: la solvibilità della valuta, infatti, è un nodo ancora da sciogliere. «È una moneta, ma anche un sistema di pagamento: perché funzioni ci dev’essere qualcuno che lo accetta», analizza Alessandro Longoni, consulente nella società olandese Innopay che a gennaio interverrà a un masterclass sui Bitcoin organizzato da CashlessWay a Milano. Anche l’aspetto speculativo «è un Far West: mancano sistemi di security analizzati dal mondo delle banche, mentre la volatilità si regge anche su aspetti legati al sentiment delle persone. Un possibile esempio? La vendita di massa, e quindi il crollo, al taglio del traguardo dei mille dollari solo perché la cifra impressiona», conclude.

Interessi
Non è detto che sarà così per sempre: l’interesse delle banche centrali, e di riflesso dei governi, potrebbe portare alla creazione di leggi che possano da un lato legittimare la moneta, dall’altro prevenire rischi e ricadute sull’economia reale.
Un primo passo, per esempio, potrebbe essere la tracciabilità delle transazioni che superano un determinato importo: un metodo che ostacolerebbe i traffici illegali che in Rete si appoggiano ai Bitcoin. Qualche esempio: gli acquisti di droga tramite il sito SilkRoad, i «ricatti» degli hacker che bloccano i pc e li tengono in ostaggio fino al pagamento di una determinata somma.
Utilizzi che, per ora, non hanno scoraggiato gli investitori che del fenomeno Bitcoin sono interessati soprattutto alla parte speculativa. Facile capire perché, se c’è chi li paragona all’oro (per il valore sovranazionale, la dipendenza da fattori non legati all’uomo, l’impossibilità di essere spesi nella vita di tutti i giorni), per molti sono sinonimo di tulipani. Quei famosi bulbi che, nell’Olanda del XVII secolo, hanno visto il loro valore crescere a dismisura e poi crollare nel giro di poche settimane, originando quella che è considerata la prima bolla speculativa.