Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera 16/12/2013, 16 dicembre 2013
DA MARE NOSTRUM A MARE MORTO I FRUTTI MALATI DELLA PRIMAVERA ARABA
Primavere arabe e protezione dell’ambiente: un problema sottovalutato, eppure pressante, destinato ad esplodere. Chiunque abbia viaggiato lungo le coste dei Paesi mediorientali sconvolti dalle rivoluzioni degli ultimi tre anni non può non averlo notato. A Tripoli, Bengasi e presso i maggiori centri urbani del litorale libico è diventato impossibile avvicinare il mare. La popolazione l’estate scorsa cercava spiagge remote per bagnarsi, quelle delle città sono ormai troppo sporche. Lo stesso si nota al delta del Nilo, dove le ultime anse e i canali secondari sono invasi dalla plastica. Il grande fiume trascina in mare ogni tipo di immondizia. L’acqua è nera e puzzolente per chilometri dalla riva.
Un poco meglio si rivela la situazione in Tunisia, dove un’antica tradizione di apertura al turismo occidentale e lo stato più avanzato delle infrastrutture garantiscono tutto sommato la tenuta dei depuratori. Ma la catastrofe è visibile e tangibile sulle coste siriane. Le spiagge di Tartus, Latakia e sino al confine con la Turchia sono lo specchio del caos che regna nel Paese. Tonnellate di sporcizia ovunque, macchie vischiose di catrame e rifiuti di ogni tipo regnano sovrani. Uccelli morti e resti di pesci in putrefazione galleggiano sulle onde presso la riva. Situazione identica per i fiumi utilizzati come pattumiere a cielo aperto, ma dove la popolazione si abbevera con bidoni, borracce e bottiglie per far fronte allo sfascio del sistema idrico.
L’implosione dello Stato centrale spinge gli abitanti ad utilizzare le risorse immediate che offre la natura. Colera, dissenteria, persino la minaccia del ritorno della poliomelite tra i bambini sono l’effetto diretto del collasso. Un problema che inevitabilmente costringerà all’intervento i Paesi europei. Le acque del Mediterraneo sono comuni. Un rapporto sullo stato di salute del mare nostrum pubblicato nel 2012 dall’Unep, l’agenzia Onu per la difesa dell’ambiente, mette in allarme, ma non tiene conto della catastrofe più recente. I Paesi rivieraschi come l’Italia si troveranno presto a chiederne un aggiornamento e aiuti per un controllo più stretto contro l’inquinamento del mare.
Lorenzo Cremonesi