Edoardo Segantini, Corriere della Sera 16/12/2013, 16 dicembre 2013
LA RETE E LA TASSA CHE ISOLA L’ITALIA
Il primo dubbio, sulla Web Tax, è che si risolva in un fiasco come la Tobin Tax. La tassa sulle transazioni finanziarie, quantificata in 1 miliardo, ha fruttato neanche 200 milioni, e ora, per rimediare, si pensa di ridurne l’aliquota dallo 0,2% allo 0,01. La Google tax, che impone alle aziende straniere di Internet la partita Iva italiana, rischia di finire nelle stesse curve. Il problema di certo esiste ed è macroscopico. I giganti del web come Google, Facebook, Apple e Amazon, pagano tasse ridicole rispetto a quanto guadagnano.
Nel 2012, ad esempio, Facebook ha versato al fisco d’Irlanda 1,9 milioni di euro di tasse su 1,75 miliardi di profitti lordi, poco più dell’1 per mille. E lo ha fatto usando i metodi consentiti sull’isola verde, uno dei paradisi europei dell’elusione. Non l’unico: nella vicina Inghilterra, tra il 2006 e il 2011, Google ha generato ricavi per oltre 12 miliardi di sterline e pagato 10,6 milioni di imposte societarie.
Il provvedimento introdotto l’altro giorno nella legge di Stabilità lascia tuttavia alquanto perplessi. In primo luogo per i tempi e le coincidenze. Non è contraddittorio che, mentre da un lato si varano misure fiscali e di semplificazione per attrarre gli investimenti esteri verso la «Destinazione Italia», dall’altro si vada nella direzione opposta introducendo nuove tasse? Non a caso la web tax è stata immediatamente bollata dall’American Chamber of Commerce in Italy come «danno di immagine all’Italia».
Il che non vuol dire però che la lobby degli interessi americani abbia ragione anche quando lamenta «il tentativo di assoggettare le aziende digitali estere alle normative fiscali italiane». Perché dovrebbero essere esentate?
In secondo luogo, la scandalosa elusione degli Over The Top non può essere affrontata solo a livello nazionale: e tanto meno da un Paese che in materia di efficacia e trasparenza fiscale non è propriamente il primo della classe. Poiché corre su binari internazionali, non può che essere gestita allo stesso livello. Cercando soluzioni europee, o, almeno, di quella parte d’Europa che non sostiene i paradisi fiscali.
La strada deve partire dall’ascolto, dal dialogo, dal negoziato. Sapendo che gli Over The Top oggi sono sensibilissimi a due argomenti, che condizionano fortemente il business e la reputazione presso il pubblico. Il primo è quello fiscale: ai tartassati non piace sapere che «lassù qualcuno non paga». Il secondo, altrettanto delicato, è la privacy, dove la reputazione dei colossi web è sottoposta a una doppia minaccia: da una parte la crescente consapevolezza che l’azienda lucra sui dati personali degli utenti, dall’altra i sospetti sul suo coinvolgimento nel Datagate americano.
Una soluzione in ogni caso va trovata: sia all’elusione fiscale sia al commercio «segreto» dei dati personali. Sono semplicemente inaccettabili le obiezioni di chi vede in ogni applicazione della legalità una minaccia allo sviluppo della società digitale.
Edoardo Segantini