Monica Colombo, Corriere della Sera 14/12/2013, 14 dicembre 2013
MUNTARI: «I RAZZISTI DA STADIO? SONO PERSONE SENZA CORAGGIO»
MILANO — In look total black, con uno chemisier lungo che gli conferisce un’aura da predicatore, Sulley Muntari, l’uomo che ha reso omaggio a Mandela mostrando in mondovisione, prima del fischio d’inizio della gara con l’Ajax, una maglia rossonera con il nome del Nobel per la pace e il numero 95, indica la ricetta per combattere la deriva razzista che ha invaso i nostri stadi.
Ci illustra il significato del suo gesto?
«È una figura importante non solo per me, ma per tutto il mondo. Quando è uscito di prigione, avrebbe potuto fare la guerra, invece ha perdonato tutti offrendo a ciascuno una seconda chance».
L’ha mai incontrato?
«Sì, nel Mondiale del 2010 con la mia nazionale. Da quando l’ho conosciuto sono cambiato tanto. È andato a vivere in una piccola casa quando non era più presidente. Qualsiasi altro politico avrebbe scelto una villa grande quanto Milanello».
A differenza di suoi compagni, lei non risponde mai alle provocazioni razziste. È l’atteggiamento giusto per combatterle?
«Non serve parlarne, non sono tante le persone ad avere quella mentalità. Stiamo lavorando per cambiare il clima. In Africa non c’è questa visione, non si avvertono differenze fra bianchi e neri. Il sangue che scorre dentro di noi è lo stesso. Ma arriverà il tempo in cui di questo non si parlerà più».
Ha mai dato consigli a Balotelli per evitare di reagire agli insulti?
«Non ne do, perché ciò che dici a Mario entra di qua ed esce di là. Gli dico di stare tranquillo perché rispondere a certa gente è tempo perso».
Si spieghi.
«Se alcuni tifosi avessero le palle griderebbero certe cose in faccia. Invece lo fanno da lontano. Meglio allora andare avanti a giocare pensando che non sia successo niente».
Come si cambia la testa della gente?
«Dando l’esempio. Dobbiamo pensare che i bambini ci guardano e ci ascoltano. Se uno sbaglia, il suo vicino allo stadio lo deve rimproverare. Sennò che papà è? Permette che a suo figlio venga dato un cattivo modello e consente che cresca con la stessa mentalità di chi insulta?».
Avendo giocato anche in Premier, pensa che sia peggiore la situazione in Inghilterra o qui in Italia?
«Nel vostro Paese, senza dubbio. Quando giochi si sente di tutto. Io cerco di essere concentrato e di non dar peso gli insulti. Ma, ripeto, certe persone non hanno gli attributi perché gridano a distanza. Se lo facessero davanti a me non potrebbero più tornare a casa dalle botte che gli darei. Il mondo deve essere pace e amore».
Dopo il calcio si immagina un futuro da politico?
«No, preferirei restare neutrale. Desidero piuttosto aiutare la gente che non ha niente. È uno dei motivi per cui lavoro duramente adesso».
Passando a questioni più terrene, come giustifica il diverso rendimento del Milan in coppa e in campionato?
«Ce lo chiediamo anche noi. Forse inconsciamente siamo condizionati dal fatto che la Champions League sia una competizione prestigiosa con poche partite. Non si può sbagliare. Invece in campionato anche se si pareggia una partita, ci sono occasioni per rimediare».
È strano però che nell’Europa che conta si sia qualicata l’italiana più indietro in classifica...
«Non è un bel segnale per il calcio italiano che Juve e Napoli siano uscite. Sarebbe stato meglio che anche le squadre di Conte e Benitez fossero andare avanti: vorrà dire che ora tiferanno per noi».
Lunedì il sorteggio: l’urna delle prime classificate mette i brividi.
«Per vincere la Champions bisogna affrontare le più forti, è normale».
Chi vorrebbe incontrare?
«L’Atletico Madrid sulla carta è più debole delle altre ma sta andando molto bene nella Liga. Forse preferirei il Manchester United, grandissimo club ma non in un grandissimo momento».
Le due gare che chiuderanno il 2013 sono un banco di prova efficace per verificare se siete maturati?
«La qualificazione agli ottavi di Champions ci dà fiducia. Agli olandesi non abbiamo segnato ma abbiamo giocato per 70’ in 10 contro 11, facendo il possibile per passare il turno. Voglio festeggiare il Natale vincendo le prossime due partite».
Che cosa teme della Roma?
«È una squadra forte, con un tecnico che sa gestire molto bene il gruppo. Ma noi giochiamo in casa e dobbiamo accumulare punti».
Fra otto giorni affronterà l’Inter. Ora che ha trovato una maglia da titolare la sfiderà con spirito di rivicita?
«Ma no, sono concentrato solo sul Milan. Non mi piacciono le vendette».