Sabrina Giannini, Corriere della Sera 14/12/2013, 14 dicembre 2013
SOSPETTI SU 28 MILIONI, IL GIUDICE RILANCIA L’INCHIESTA
Il giudice per le indagini preliminari Anna Maria Fattori ha rovinato la festa agli eredi dell’Msi che oggi si riuniscono all’Hotel Ergife di Roma in occasione della prima assemblea della fondazione Alleanza nazionale, creata ad hoc per gestire il consistente patrimonio immobiliare costituito da un centinaio di immobili e da 55 milioni di rimborsi elettorali, ventotto dei quali potrebbero essere stati sottratti illecitamente dal patrimonio di An dal comitato di gestione che aveva il compito di preservarlo.
Il gip ha infatti respinto la richiesta di archiviazione del pubblico ministero Pisani invitandolo a «svolgere ulteriori indagini per il completo accertamento dei fatti» facendo riferimento all’informativa della Guardia di Finanza del 28 febbraio 2013 nella quale si evidenziavano numerosi bonifici a favore di privati e imprese dei quali non avevano indicato il nominativo per un importo complessivo di 9 milioni di euro, oltre all’emissione di «assegni circolari per un importo di 3.897.128 euro, di bonifici ricevuti dalla Camera dei deputati per rimborsi elettorali pari a 16.364.736 euro e dal partito Pdl (quattro bonifici di cui due con causale «bonifico dall’estero») per un importo di 28.568.247 euro». Pisani ignorò anche la richiesta della Gdf di procedere a ulteriori accertamenti bancari sui conti correnti gestiti dalla Fondazione An presieduta dall’ex senatore di An Franco Mugnai, che nella comunicazione agli invitati all’assemblea odierna scrive: «avremo gli occhi di tutti puntati addosso e laddove il dibattito dovesse degenerare in una o più scomposte risse verbali avremo fatto ad An il peggiore dei servizi».
Gli occhi della Guardia di finanza senza dubbio, soprattutto sul suo operato in qualità di presidente di quel comitato di gestione che avrebbe dovuto conservare il patrimonio della disciolta An che, secondo la denunciante Rita Marino, vice presidente del comitato e già segretaria di Gianfranco Fini, sarebbe stato depauperato. Deve essere stato insignificante per il pm Pisani che i 55 milioni derivassero principalmente dai rimborsi elettorali. In sintonia con lui il collega del civile, Remo Scerrato, il quale afferma nella sentenza di sole due settimane fa che «i rimborsi elettorali una volta incamerati potessero mutare destinazione, essere ceduti a terzi, cartolarizzati, destinati a costituire un ente diverso da un partito» (in linea con la scelta del prefetto di Roma Pecoraro che riconobbe la fondazione che inghiottiva quattrini pubblici, sapendo meglio di chiunque altro che i controlli sui bilanci delle fondazioni sono formali). Antonio Buonfiglio e Enzo Raisi, finiani passati successivamente a «Fare Italia», non si danno per vinti e annunciano l’impugnazione della sentenza di Scerrato convinti della nullità delle determinazioni del congresso con cui fu sciolta An con successivo trasferimento del patrimonio alla fondazione. Oggi è evidente che due magistrati hanno opinioni contrastanti sull’utilizzo di quel tesoro. Tramite la nascita della fondazione gli immobili e i finanziamenti pubblici erano passati nelle mani degli ex di An rimasti nel Pdl dopo l’allontanamento dei finiani (12 su 14 siedono nel cda, oltre a Franco Mugnai anche Gianni Alemanno, Ignazio La Russa, Altero Matteoli e Maurizio Gasparri). Se non si fosse messo di traverso il gip Fattori oggi avrebbero potuto festeggiare il pieno possesso dell’eredità Colleoni, delle quote dei tesserati e soprattutto dei 55 milioni di euro dei rimborsi elettorali.