Pietro Saccò, Avvenire 13/12/2013, 13 dicembre 2013
LA TOBIN TAX SI CAMBIA COSì
Così come è stata formulata, la Tobin Tax non ha funzionato. Non dal punto di vista del gettito fiscale, almeno. Quando, alla fine dell’anno passato, i tecnici del governo Monti hanno introdotto la tassa sulle transazioni finanziarie nella legge di Stabilità l’incasso stimato per il 2013 era stato indicato in 1 miliardo e 88 milioni di euro. Una cifra che oggi appare del tutto irrealistica. Il 16 ottobre l’Erario ha incassato il primo versamento della Tobin Tax, che è attiva da marzo sugli scambi di azioni e da ottobre su quelli dei derivati. Il gettito di questi sette mesi e mezzo si è limitato a 159 milioni di euro. A questo punto nel migliore dei casi il Tesoro può sperare di incassare qualcosa di più di 200 milioni nell’intero anno, ma certo l’obiettivo del miliardo è meglio dimenticarlo.
Se la Tobin non ha funzionato, però, la si può correggere. Questo è il senso di un emendamento alla legge di Stabilità presentato alla Camera da Luigi Bobba, del Partito democratico, e sottoscritto anche da deputati di Scelta Civica, Nuovo Centrodestra, Sel e Lega Nord. È un testo che ricalca una proposta già formulata dal presidente della Commissione Bilancio, Francesco Boccia (anche lui del Pd).
Per capire come può cambiare la nuova Tobin bisogna riprendere quella vecchia. La tassa sulle transazioni finanziarie attualmente in vigore è un’imposta che si applica sugli scambi di azioni e di altri strumenti finanziari, compresi molti derivati. Non tassa il singolo scambio, ma il saldo netto che l’investitore avrà a fine giornata. L’aliquota è dello 0,1% sui saldi netti per gli scambi sui mercati regolamentati e dello 0,2% su quelli non regolamentati (le cosiddette operazioni over the counter). Sui derivati la tassa non è in percentuale, ma ha importi fissi che crescono con il salire del valore del titolo su cui si basa il derivato (che, per subire la tassa, deve essere un titolo italiano).
L’emendamento in discussione alla Camera prevede un drastico taglio dell’aliquota, che scenderebbe allo 0,01%, ma applica la tassa a tutte le transazioni finanziarie, escluse soltanto quelle che riguardano i nostri titoli di Stato. In questo modo la Tobin si pagherebbe anche sugli scambi di azioni di società con capitalizzazione inferiore al mezzo miliardo (esclusi dalla versione oggi in vigore) e alle obbligazioni di banche e società. La seconda novità più significativa è che la tassa non si applicherebbe ai saldi di fine giornata, ma ad ogni singola operazione. La nuova norma, inoltre, equipara gli operatori residenti in Italia con quelli che operano dall’estero. «Il principio – spiega Bobba – è pagare meno ma pagare tutti. Applicando l’aliquota a ogni transazione penalizziamo chi fa manovre puramente speculative, comprando e ricomprando un titolo più volte in un giorno». L’obiettivo è sempre quello di riuscire a raccogliere un miliardo di euro, denaro che sarebbe usato per ridurre le tasse sul lavoro.
La comunità finanziaria sta premendo perché l’emendamento non passi. Banche e società di investimento chiedono, almeno, di aspettare le decisioni che arriveranno da Bruxelles, dove da più di un anno un gruppo di undici Paesi – con l’Italia in testa – sta lavorando, a «cooperazione rafforzata», a un progetto unitario. Il negoziato, non dei più facili, dovrebbe arrivare a elaborare una Tobin Tax europea per la metà del 2014. «La nostra proposta è del tutto in linea con quanto già approvato in Europa – spiega Bobba –. Forse possiamo anche dare una spinta perché il resto dell’Unione Europea si adegui. Sarebbe un modo per essere, come ha detto il premier Enrico Letta, ’partner autorevole e anche decisivo’ della Ue».