L’Espresso 13/12/2013, 13 dicembre 2013
QUI SERVE UNA DONNA
«Quando facevo il viceministro dicevano che ero un tecnico, adesso sarei un politico. Rifuggirei dalle etichette. Ognuno deve essere giudicato per quello che fa. Io mi definirei un umile servitore dello Stato. Ma la politica ti apre la testa, e con un po’ di esperienza si può fare tutto». Giuseppe Vegas muove i suoi primi passi politici nell’area del Partito liberale, alla fondazione Einaudi. Funzionario del Senato, diventa sottosegretario nel governo Dini del 1995. Poi viene eletto tre volte nelle liste del centrodestra e dal 2001 al 2010 è viceministro dell’Economia nei governi Berlusconi. Finché viene nominato presidente della Consob. Dove punta subito a rafforzare il suo ruolo e a svuotare quello della commissione. I cui membri sono stati ridotti da cinque a tre dal governo Monti. «Con tre componenti – osserva Vegas – sarebbe meglio che la Consob adottasse il modello del direttorio della Banca d’Italia: al vertice, insieme al presidente, dovrebbero esserci i responsabili delle divisioni più importanti. Perché il suo modo di lavorare è molto simile a quello di una procura». Ma in Italia la politica ha il vizietto di impicciarsi. Ha mai subito pressioni? «Ho un po’ di otite. Per fortuna ci sento poco. Forse, conoscendo la persona, neanche ci provano».
Intanto il prossimo 15 dicembre scade uno dei tre commissari, Michele Pezzinga. Qual è l’identikit ideale di chi ne prenderà il posto? «Cercherei una donna», dice Vegas: «Non possiamo introdurre le quote rosa nelle società e non applicare la regola da noi. E deve essere soprattutto una persona di buon senso perché di tecnici buoni ce ne sono già tanti, dentro la struttura. Bisogna rendersi conto degli effetti delle decisioni che si prendono». Un metodo a suo modo "politico", dunque.
In un periodo in cui, secondo Vegas, dopo la "banking union" arriverà una "financial union". «L’Esma, che è la Consob europea, ha poteri regolatori solo sulle agenzie di rating», spiega Vegas . «Negli altri settori si limita a coordinare. Non basta: bisogna arrivare a una regolamentazione unica in tutti i settori e in tutti i paesi, con poteri di controllo affidati all’authority europea».