Charles Bremner, Panorama 12/12/2013, 12 dicembre 2013
IL DIAVOLO VESTE LE PEN: PERCHÉ QUESTA DONNA FA PAURA
Giura di avere rinnegato l’ideologia razzista che in passato ha caratterizzato il suo partito. Ma Marine Le Pen è davvero in grado di portare il Fronte nazionale francese al successo elettorale (alcuni sondaggi la danno in testa ai consensi, ndr)? Alta, imponente e biondissima, la figlia quarantacinquenne di Jean- Marie, che fondò il partito nel 1972, ha un aspetto combattivo, quando arriva all’appuntamento presso la sede centrale del Fronte nazionale, uno scialbo palazzo grigio e blu che si affaccia su una strada residenziale di Nanterre, sobborgo occidentale di Parigi. Madre di tre adolescenti, Le Pen potrebbe apparire come un’elegante donna politica francese qualsiasi, mentre spiega come ha «sdemonizzato» il Fronte. Se sostenere che il problema è l’immigrazione non è più indice di razzismo, gran parte del merito è di questa donna che ha ereditato dal padre la guida del partito.
Le idee xenofobe e protezioniste del Fronte nazionale hanno fatto presa sull’opinione pubblica grazie soprattutto a lei. «Ne è stata fatta di strada, vero? Avevamo previsto cosa sarebbe successo, ma eravamo completamente soli» ricorda. Dopo quasi tre anni di leadership, afferma, «penso che saremo al potere entro il decennio».
La voce roca e la sonora risata ricordano quelle del padre, Jean-Marie, la cui popolarità raggiunse l’apice con il secondo posto alle spalle di Jacques Chirac nelle elezioni presidenziali del 2002. Ma non resta praticamente nulla dell’aria minacciosa che circondava Jean-Marie, tuttora presidente onorario dell’«azienda di famiglia» a 85 anni. Per oltre cinque decenni Le Pen senior, difensore del Terzo Reich, è rimasto nei sotterranei della politica francese propugnando dottrine xenofobe e procurandosi una dozzina di condanne in tribunale. L’occupazione tedesca della Francia non era stata «particolarmente disumana» e i forni crematori nazisti erano un semplice «dettaglio» della guerra, ha dichiarato una volta. «Cosa devo fare per non essere razzista? » si è chiesto una volta. «Sposare una nera, magari malata di aids?». Marine ha conferito un tocco più delicato e femminile al movimento «macho» fondato dal padre, che una volta dichiarò: «Nessuno vuole un Fronte nazionale gentile».
«Mi interessano le convinzioni, non c’entra nulla la gentilezza» afferma invece Marine. «Il problema è capire se la diagnosi è giusta. Se hai un tumore e ti curi con un farmaco per l’influenza, muori: è quello che sta accadendo all’economia francese». Con il suo approccio più morbido è riuscita a conquistare il terzo posto alle elezioni presidenziali dell’anno scorso mentre alcuni sondaggi accreditano il suo partito del 25 per cento dei consensi alle prossime elezioni europee e locali.
Un cambiamento di marchio che ha comportato un certo allontanamento dalla storica immagine del partito, fatta di stivaloni e camicie brune, resa popolare dai vignettisti dei quotidiani. Spesso Marine Le Pen appare come una valchiria di wagneriana memoria. Ora Marine preferisce parlare della «vague Bleu Marine», letteralmente l’onda blu marina, giocando col proprio nome, e i suoi elettori si considerano piuttosto alla stregua dei sostenitori dei Tea party negli Stati Uniti, o di quanti in Gran Bretagna tessono le lodi di Nigel Farage e dell’Ukip (partito anti Ue, ndr).
La terzogenita del patriarca ha saputo reinventarsi: è dimagrita e ha adottato uno stile più fine e delicato. Oggi indossa una camicetta di seta nera con pantaloni a zampa d’elefante e tacchi alti. Non fuma da due anni ed è passata alle sigarette elettroniche. «Ha un look davvero sdemonizzato…» ha scritto il mese scorso la rivista di sinistra Marianne. «Pare addirittura che si sia fatta togliere dei denti per ammorbidire la mandibola sporgente». Le Pen reagisce infastidita quando il cronista chiede conferme. «Non è assolutamente vero» sbotta. «Può sembrare così perché ho smesso di fumare e sono più bianchi».
La sua fermezza riaffiora rapidamente non appena Le Pen ribadisce la sua condanna al razzismo. Gli episodi che si ricollegano all’ideologia del vecchio Fronte nazionale sono piuttosto frequenti. L’anno scorso ha paragonato i musulmani che pregano per la strada all’occupazione nazista in tempo di guerra. A settembre di quest’anno ha dichiarato che il sostegno del presidente François Hollande a favore di un intervento in Siria aveva reso la Francia «l’amante degli Stati Uniti e la prostituta di emiri panciuti». E verso la fine di ottobre ha insinuato che quattro ostaggi francesi appena rilasciati fossero stati convertiti all’islamismo dai rapitori, appartenenti ad Al Qaeda.
«Bisogna sviluppare una vera e propria corazza per affrontare tutto quello che si sente, tutte le ingiustizie di cui si rimane vittima, tutti i commenti sulle proprie idee» commenta Le Pen. Ma i suoi tentativi di liberarsi della vecchia immagine del Fronte sono stati minati dall’arresto di 70 contestatori di estrema destra, che hanno fischiato Hollande all’arrivo alla cerimonia svoltasi a Parigi per la deposizione di una corona di fiori in occasione della ricorrenza dell’armistizio. Le Pen si è dichiarata assolutamente estranea all’episodio, però oltre a diversi membri del partito è stato trattenuto il capo dell’ufficio legale del Fronte, sebbene non gli sia stata mossa alcuna accusa.
Marine Le Pen ha avviato un processo di persuasione dei moderati prendendo abilmente di mira i mali dell’Unione Europea e ciò che lei chiama «mondialismo», attribuendo a globalizzazione, libero scambio, frontiere aperte e mescolanza delle etnie la responsabilità della decadenza e dell’imminente fallimento della Francia e dell’Europa. «Ora il pericolo non deriva più dal comunismo. La minaccia arriva dal mondialismo di cui l’immigrazione è figlia. Sono stati instillati nella società francese profondi sensi di colpa. Se si era contrari all’immigrazione, si veniva automaticamente tacciati di razzismo. Il rifiuto dell’euro veniva equiparato a una bestemmia».
La conversione del Fronte in un sedicente «partito di patrioti» è d’aiuto a Le Pen anche per creare un movimento paneuropeo di partiti contrari all’Ue e all’immigrazione, in vista delle elezioni europee di maggio 2014. C’è la possibilità che gli euroscettici riescano a conquistare un quarto dei seggi a Strasburgo (Le Pen e il padre detengono due dei tre seggi occupati dal Fronte nazionale nel Parlamento europeo).
Cresciuta politicamente negli anni 80 e con due divorzi alle spalle, Le Pen ha accantonato le ossessioni paterne in tema di guerra, colonie perdute e purezza etnica. Ha creato scompiglio nella vecchia guardia tollerando i matrimoni gay. Pur con un linguaggio più giovane, Le Pen condivide comunque con il genitore il dovere di salvare una nazione che ritengono pregiudicata dall’immigrazione e da un’élite corrotta.
La loro missione è simboleggiata da una piccola statua dorata di Giovanna d’Arco posta nel cortile sotto l’ufficio di Le Pen. La santa (vissuta nel XV secolo, animò la riscossa della Francia occupata dagli inglesi, ndr) è stata proclamata patrona del Fronte da Jean- Marie e la figlia ha mantenuto la tradizione, dando alla prima figlia il suo nome nell’antica versione Jehanne. «Nicolas Sarkozy è stato un fallimento assoluto come presidente. Non crede in niente, non ha convinzioni. Hollande è un viceprefetto di provincia adatto alla posizione che occupa in seno all’Unione Europea, il capo di un governo di tecnocrati che riceve il ruolino di marcia da Bruxelles». E Marine Le Pen non nasconde l’intenzione di prendere parte alle prossime elezioni presidenziali previste per il 2017, alle quali Sarkozy e Hollande dovrebbero presentarsi mirando alla rielezione.
Il Fronte nazionale è una vera e propria azienda di famiglia. Non solo Jean-Marie è una presenza costante, ma il compagno di Marine, Louis Aliot, ne è il vicepresidente. Anche Yann, la sorella maggiore della donna, lavora presso il quartier generale del partito ed entrambe le figlie vivono nella proprietà di Montretout, la villa del padre a Saint-Cloud, da cui si gode il panorama di Parigi. «È come una monarchia» sostiene Caroline Fourest, coautrice del libro Marine Le Pen, démasquée (smascherata). «I Le Pen vivono in una sorta di universo settario, che ruota intorno alla storia politica del padre». Patrice Machuret, autore di Dans la peau de Marine Le Pen (Essere Marine Le Pen), descrive il Fronte come una famiglia reale, con tradimenti, intrighi e l’espulsione dei cortigiani. Marie-Caroline, la primogenita, è stata allontanata per diversi anni dopo che il marito frontista si era schierato a fianco di Bruno Mégret, allontanatosi per dare vita a un proprio partito.
«Non esiste una dinastia Le Pen» replica Marine, sulla difensiva, sottolineando come sia stata eletta dai membri del partito in una votazione aperta. Ma la turbolenta saga familiare è inscindibile dal partito. Marine Le Pen descrive un padre esigente e distante, un uomo che ha trascurato la figlia più giovane per seguire la carriera politica.
Quando Marine aveva 16 anni, la madre Pierrette Lalanne (che aveva una relazione con un giornalista del Figaro) abbandonò il tetto coniugale e le figlie, lanciandosi in una vera e propria battaglia pubblica per ottenere il divorzio. Nel 1987, all’età di 52 anni, Pierrette posò nuda, solo con un grembiule e uno straccio da polvere, per l’edizione francese di Playboy allo scopo di ridicolizzare il marito, che le aveva suggerito di trovare lavoro come domestica. Ora Marine si rammarica per la reazione avuta all’epoca, quando dichiarò a Paris Match: «Una madre dovrebbe essere un giardino segreto, non un immondezzaio pubblico». Le due donne non si sono viste per 15 anni. Ora però si sono riconciliate e Jean-Marie ha compassionevolmente offerto all’ex consorte, che ora ha 78 anni, un alloggio nella proprietà di Montretout. Lui vive nelle vicinanze con la seconda moglie, Jany Paschos, 81 anni. «Talvolta le famiglie possono avere la fortuna di ritrovarsi e perdonarsi, grazie all’amore» afferma Marine. «Mia madre mi è di grande aiuto nelle faccende domestiche e nella cura dei ragazzi».
Marine Le Pen ha due figlie e un figlio, nati alla fine degli anni 90 dal matrimonio con Franck Chauffroy, un uomo d’affari attivo per il Fronte. Il suo secondo marito è stato Éric Iorio, ex segretario nazionale del Fronte e, come lei, consigliere per la regione postindustriale in declino del Nord-Passo di Calais, lasciato per Aliot, avvocato ed ex giocatore di rugby di Tolosa, che l’anno scorso ha diretto la sua campagna elettorale ed è ora suo assistente al Parlamento europeo.
Aliot riceve uno stipendio annuo di 60 mila euro finanziato dai contribuenti. Le Pen difende tale posizione e ha più volte dichiarato agli investigatori parlamentari che Aliot è stato assunto nel 2004, prima che la loro relazione avesse inizio. «Possono rimproverarmi di essermi innamorata del mio assistente» dice. «Non possono accusarmi di avere assunto il mio fidanzato».
Le Pen è entrata in politica dopo i trent’anni, dopo una carriera come avvocato e senza avere mai pianificato di calcare le orme del padre, nei confronti del quale non nasconde la propria devozione filiale, e che in passato ha difeso per certe sue dichiarazioni particolarmente focose, sostenendo che erano state «fraintese». «È l’uomo della mia vita, perché ha contribuito a rendermi quella che sono. Mi ha trasmesso i suoi valori, l’amore appassionato per la Francia e il senso di sacrificio».
Il Fronte nazionale ha una reale possibilità di arrivare al potere? Marine Le Pen risponde cautamente: «Alle elezioni del Parlamento europeo di maggio i deputati europei saranno in numero sufficiente per creare un gruppo parlamentare». Mentre per le elezioni del consiglio nazionale di marzo dice: «Partiamo da zero, ogni conquista sarà una vittoria».
Prosegue: «Ripensiamo a Charles De Gaulle. È stato accusato al tempo stesso di essere fascista e bolscevico. Noi non siamo né di sinistra né di destra, stiamo solo difendendo l’interesse superiore della Francia».
Ma per arrivare all’Eliseo bisogna convincere i francesi che si possiedono le qualità necessarie per governare. I seggi parlamentari e le alleanze di partito sono secondari. Se la prospettiva di una Marine Le Pen in corsa per la presidenza nel 2017 sembra ancora improbabile, non è affatto impossibile. «Se l’operazione con cui Marine Le Pen intende sdemonizzare il Fronte non sarà fermata, non c’è motivo per cui non debba perseguire fino in fondo il suo intento» afferma Rama Yade, che ha prestato servizio tra i giovani ministri di Nicholas Sarkozy. «È per questo che la prendo molto sul serio».