Fausto Biloslavo, Panorama 12/12/2013, 12 dicembre 2013
LA LIBIA LIBERATA VA IN PEZZI
La Libia si sta dissolvendo. La Cirenaica, regione orientale del paese grande 820 mila chilometri quadrati (Italia: 301 mila), è la prima che potrebbe staccarsi da Tripoli. A novembre è nato un auto-proclamato governo, non riconosciuto da Tripoli. Il «premier» cirenaico Abd al-Rabu al-Barassi ufficialmente rivendica solo una forte autonomia federalista, però la vera partita secessionista si gioca sulle risorse energetiche. Non a caso, il 10 novembre è nata la Libya oil and gas corp, per vendere autonomamente gli idrocarburi locali (60 per cento delle risorse libiche). Il governo centrale ha minacciato di bombardare qualsiasi petroliera che si avvicini alle coste senza l’autorizzazione di Tripoli.
Oltre alle spinte secessionistiche, a Bengasi ci sono anche i gruppi estremisti islamici, come Ansar al-Sharia, che non riconoscono le autorità statali e vogliono il califfato. Il 25 novembre pesanti scontri armati con le forze governative hanno provocato sette morti e 50 feriti.
Intanto, a Tripoli continuano a spadroneggiare le milizie. Il 15 novembre quella di Misurata ha aperto il fuoco sui manifestanti che chiedevano il ritiro dalla capitale uccidendo 45 persone. Cento chilometri a ovest, i berberi (che pretendono il riconoscimento della loro lingua e boicottano la nuova costituzione) stanno bloccando a singhiozzo il grande impianto di Mellitah, da dove parte il gasdotto sottomarino per la Sicilia.
Assieme a tuareg e tebu, i berberi sono i reietti della Libia, vivono nella regione sud-occidentale del Fezzan, la più povera del paese nel deserto del Sahara con appena mezzo milione di abitanti. A settembre un consiglio delle tribù ha proclamato l’autonomia. Il vero tesoro del Fezzan è l’acqua fossile che Muammar Gheddafi voleva portare alle città costiere.
Ma il debole governo centrale deve fare i conti pure con le città-stato sorte dalla rivolta, come Misurata, importante snodo marittimo e commerciale, e Zintan, a nord-ovest. Più povera, quest’ultima conta su una forte e autonoma milizia. E ha un asso nella manica: Seif al-Islam, il figlio «delfino» del colonnello, catturato due anni fa, che Tripoli vorrebbe processare. (Fausto Biloslavo)