Martino Cavalli, Panorama 12/12/2013, 12 dicembre 2013
QUESTA BANCA È PIENA DI GRANA
Altro che Londra o Francoforte, non parliamo di Milano. Bisogna andare a Reggio Emilia per trovare una banca dove si dormono sonni tranquilli. Perché nel cuore della provincia padana ce n’è una piena di grana, in tutti i sensi: al Credito emiliano ci sono i soldi (il suo indice di solidità patrimoniale dal 2008 a oggi è cresciuto progressivamente dal 7 al 10 per cento senza neanche un aumento di capitale); e c’è il parmigiano reggiano, le migliaia di forme in garanzia nei suoi Magazzini generali delle tagliate, a fronte di finanziamenti ai produttori, che valgono 220 milioni di euro.
Il Credern, che è tra i 15 istituti di credito più grandi del Paese e quindi sottoposti alla futura vigilanza europea, non ha nulla in comune con le altre banche. Innanzitutto la proprietà: è la prima banca davvero privata d’Italia, per giunta controllata da grandi imprenditori, i tre fratelli Maramotti (Ignazio, Maria Ludovica e Luigi) che dal padre Achille hanno ereditato l’amore per il basso profilo, l’impero industriale del Max Mara fashion group (1,2 miliardi di giro d’affari) e molta finanza (oltre a metà del Credem c’è poco più dell’1 per cento di Unicredit). Ignazio, vicepresidente, è l’unico membro della famiglia ad avere un incarico nel Credem. Luigi è consigliere di amministrazione dell’Unicredit. La holding che controlla il Credem non è tutta loro: ci sono 3 mila azionisti, quasi tutti di Reggio e dintorni, gente che nella terra del parmigiano si sente così legata alla banca da non voler comprare le azioni in borsa perché preferisce quelle della holding non quotata, a fianco delle finanziarie dei Maramotti.
Poi c’è il management. Nessun amministratore delegato, un presidente (Giorgio Ferrari) e un direttore generale (Adolfo Bizzocchi) in carica rispettivamente da 27 e 12 anni, con stipendi certamente ottimi ma non fantasmagorici (271 mila e 853 mila euro rispettivamente nel 2012). E poi ci sono i numeri. Mentre tutte le banche, grandi e piccole, negli ultimi anni hanno obbligato i loro azionisti ad aprire i portafogli per sottoscrivere ripetuti aumenti di capitale, al Credem no: l’ultima richiesta è del 2008, quando vennero acquistati circa 70 sportelli da altre banche.
Non solo, il 40 per cento dei 5 miliardi presi a prestito dalla Banca centrale europea è già stato rimborsato (le banche italiane ne hanno richiesti 255 miliardi, che in buona parte stanno ancora in cassaforte); i prestiti nel 2013 non si sono contratti (0,1 per cento nei primi nove mesi) e le sofferenze, cioè i finanziamenti a rischio, rimangono sotto controllo: il rapporto relativo agli impieghi è pari all’1,63 per cento rispetto a un indice del sistema che supera il 4 per cento.
Il segreto? Quello del parmigiano reggiano: come il produttore aspetta pazientemente i mesi di stagionatura, al Credem è vietato avere l’ansia dei risultati trimestrali che tanto piacciono al cosiddetto mercato. Perché in provincia il mercato è tutta un’altra cosa.
(Martino Cavalli)