Fulmini 13/12/2013, 13 dicembre 2013
QUATTRINI
«In Qatar una volta mi hanno offerto una paccata di quattrini, ma nella vita ho seguito due volte il dio denaro e per due volte ho pagato con errori personali. Oggi non lascerei mai la mitica Crvena Zvezda» (Walter Zenga).
POCHISSIMI «Con il tennis ai miei tempi ci si divertiva, venivamo ospitati nei migliori alberghi del mondo, ma la fame era tanta e i soldi pochissimi» (Nicola Pietrangeli).
LUSSO «Quanto al lusso, se capisco che in Spagna c’è tanta gente che fatica ad arrivare a fine mese, vorrei ricordare che vengo da una famiglia umile. Tutto ciò che ho me lo sono guadagnato in 23 anni di lavoro durissimo, con cadute, infortuni, dubbi, sudore, senza rubare nulla, senza regali, lottando con grandi avversari. Quando ho iniziato a correre, io e mio padre dormivano nella roulotte più piccola del paddock» (Jorge Lorenzo).
SOGNO «Per trasformare un sogno in realtà bisogna lavorare con l’intensità adatta a quel tipo di sogno, pensando di arrivare a lottare per realizzarlo. Se poi ci si riesce o meno è importante, ma relativamente. Forse questo è il senso dello sport» (Matteo Rivolta, primatista italiano dei 100 metri farfalla).
GHIACCIO «Quando ero piccolo, mio padre mi portò a fare un giro sul go-kart e mi piacque tantissimo. Il mio rapporto con l’auto è molto sportivo. Mi sfogo in pista. Il mio sogno è provare su una di ghiaccio, e può darsi che ci riesca fra poco. Sarà un’esperienza bellissima» (il ranista Fabio Scozzoli).
«A 18 anni e un giorno avevo già il foglio rosa. Preferisco le auto sportive, a tre porte e mi piace molto guidare, ma in maniera tranquilla. Vivo a Roma e qui si passa molto tempo in auto, bisogna tenere gli occhi aperti e non si deve avere uno stile di guida frenetico» (Luca Dotto, argento nei 50 stile libero a Shanghai 2011 e nella staffetta ai Mondiali di Istanbul 2012).
DIAVOLO «In America esiste da tempo il numero fisso per i piloti. È un fenomeno nato nella Nascar e trasferito alla Indycar. Io mi affezionai al 4 che mi assegnò il Team Ganassi, perché con quello andai subito bene. Poi passai al 66, il mio anno di nascita, ma non mi portò troppa fortuna… Solo dopo riflettei sul fatto che era il numero del diavolo, in forma incompleta» (Alex Zanardi, a proposito della novità di assegnare un numero fisso a ogni pilota di Formula 1).