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 2013  dicembre 12 Giovedì calendario

IN TRE MOSSE LA SPAGNA HA «MATATO» L’ITALIA


La Spagna non è certamente il Paese più sereno al mondo. In questi giorni la troika sta ultimano la sua quinta e ultima missione. Però, se in Italia parliamo di ripresa, ma non la vediamo, a Madrid qualcosa si sta muovendo. La disoccupazione resta è a livelli record, certo, anche se va precisato che nel Paese iberico non esiste la cassaintegrazione, per cui se perdi il posto non resti dipendente «a zero ore» per anni... Tuttavia il Pil, dopo svariati trimestri di recessione, ha chiuso il periodo luglio-settembre con un incoraggiante +0,1%. Addirittura Moody’s ha applaudito alla svolta portata avanti da Mariano Rajoy, premier popolare, che non ha guardato in faccia nessuno per provare a far ripartire la sua Spagna. Anche se lo scandalo dei rimborsi elettorali ha travolto il suo partito, che ha la maggioranza assoluta in Parlamento.
Fermiamoci un attimo però prima di capire le riforme della svolta. Il primo ingrediente della ricetta Rajoy è il pragmatismo nell’affrontare la crisi: il governo non si è fatto scrupoli di tagliare stipendi pubblici, eliminare le tredicesime agli statali, portare l’Iva ordinaria al 21% (da noi è al 22% e senza troika) allungare l’età pensionabile, di avere una linea ferma anche sui «desahucios», ovvero gli sfratti. La polizia ne ha eseguiti a migliaia, le proteste e gli scioperi generali sono stati imponenti, tuttavia le forze dell’ordine hanno tenuto duro. Il premier inoltre non si è fatto problemi a chiedere aiuto all’Europa (quindi anche a noi) per rilevare i crediti in sofferenza delle banche e creare un apposita bad bank che si facesse carico di quasi un milione di alloggi, catalogati come crediti incagliati. Anzi, dopo aver salvato il mondo del credito iberico (una cinquantina di miliardi), Mariano sta spingendo per abbatterne almeno 100-200mila perché costa più mantenerle che raderle al suolo. Concretezza, responsabilità, realismo. Cari spagnoli, ha fatto capire il leader del PP, il tempo della movida, della siesta, è finito. I quattrini sono terminati, per cui se vogliamo continuare a pagare gli stipendi pubblici, le pensioni e la sanità, c’è solo un modo: privatizzare e tagliare la spesa.
SI VENDE
Due-tre esempi chiariscono il trend. La pista di 4.000 metri dell’aeroporto Ciudad Real, in Castilla-La Mancha, è una delle più lunga d’Europa ma da aprile è percorsa solo da lepri e animali randagi. L’ultimo atterraggio è stato quello fatto nella finzione cinematografica dal regista Pedro Almodovar per il suo film “Gli amanti passeggeri”. Si può ancora mantenere? No. Ora è in vendita a prezzo di saldo, con una base d’offerta di 100 milioni, un quarto dei 410 milioni inizialmente investiti nella sua costruzione, lievitati poi a oltre un miliardo. Altro esempio: da pochi giorni s’è deciso un ulteriore taglio, del 12,4%, dei contributi statali al settore cinematografico, dopo la riduzione del 22,6% nel 2012. In Italia invece paghiamo poco più di 2 centesimi a litro di benzina per sostenere la cinematografia e la cultura italiana. Terzo esempio, restando in tema. La Comunidad Valenciana ha deciso di chiudere la televisione pubblica autonoma e licenziare tutti i 1.300 dipendenti perché i pascosti sono troppo alti. Questo è vero federalismo, non il nostro che permette ancora alla Regione Campania di assumere ulteriori 6mila persone nella sanità.
NUOVO LAVORO
I posti di lavoro, il Pil, li crea il mercato nelle società moderne. E le aziende si muovono dove c’è convenienza. Per questo la riforma del lavoro ha rigenerato l’industria, ad esempio quella dell’auto. Poche regole, ma chiare: 1) Colpo di forbice agli indennizzi per i licenziamenti standard: da 45 giorni di rimborso per ogni anno lavorato per un rimborso massimo pari 42 mesi, si passa a 33 giorni per 24 mesi. 2) Licenziamenti meno cari: un’azienda in difficoltà economiche (bastano tre trimestri consecutivi di calo del giro d’affari, anche se la società è in utile) può licenziare i dipendenti con un indennizzo a prezzi da saldo: 20 giorni lavorativi per anno lavorato per un massimo di un’annualità. 3) E ancora, di fronte a “difficoltà economiche, problemi tecnici, organizzativi o di produzione” l’imprenditore può unilateralmente ridurre gli stipendi o modificare gli orari di lavoro dei dipendenti, scavalcando i contratti collettivi. Il risultato? Il Paese iberico nei primi sei mesi del 2013 ha prodotto un milione e 156mila automobili, in aumento del 5,5% sullo stesso periodo del 2012. Oggi è il secondo Paese produttore in Europa e l’undicesimo nel mondo. Mentre l’Italia ha prodotto in tutto 368mila veicoli, con un calo del 3,1%.
TURISMO E AUTO
Rispetto al 2008 la Spagna è molto cambiata: adesso c’è più fiducia, anche nell’immobiliare (i cui prezzi sono crollati di quasi il 40%), tanto che addirittura Bill Gates ha investito 113 milioni nel gruppo di costruzioni Fcc. Lo spread è inferiore a quello italiano, seppur di poco (221 punti base contro 223), e il super euro non fa paura, dato che l’export è tornato a percentuali rilevanti, grazie sì alla svolta nel mercato del lavoro ma anche al fatto che lo Stato ha pagato tutti i debiti con i fornitori. Da Dio anche il turismo: durante i primi dieci mesi dell’anno, la spesa dei turisti è stata pari a 52,551 miliardi di euro, con un incremento dell’8,2% rispetto allo stesso periodo del 2012.
Rajoy non ha usato solo il bastone (tagli, privatizzazioni e riduzioni di stipendio), ma ha anche sfoderato la carota. A parte una legge a tutela delle Pmi, vanno poi registrati gli incentivi per l’acquisto dell’auto che hanno fatto balzare le immatricolazioni. E così la crisi del mercato delle quattro ruote sembra un lontano ricordo, visto che a novembre ha registrato un +15,1% sullo stesso mese del 2012 e da inizio anno un saldo positivo del 2,1%, con 662.188 nuove immatricolazioni. Da tre mesi il mercato automobilistico fa registrare segni positivi e quello record di novembre è legato chiaramente al nuovo piano di incentivi deciso ad ottobre. Le previsioni parlano di una vendita complessiva a fine 2013 di 720.000 unità e una crescita del 3%. Finora i provvedimenti già esauriti (quattro da 430 milioni) hanno generato una ricaduta fiscale di un miliardo di euro.
Anche se Enrico Letta non lo dice c’è un mondo oltre l’austerity, il rigore, l’euro a tutti i costi, i sacrifici... Vamos.