Fabio Franchini, ItaliaOggi 12/12/2013, 12 dicembre 2013
IL CASO DEI CASCHI NON ERA UN CASO
Vivere tra due fuochi, quello di chi manifesta e quello della politica e dei mass media: così il commissario di Pubblica sicurezza e segretario generale del sindacato di Polizia Sap Nicola Tanzi, sintetizza la situazione di chi oggi opera nelle forze dell’ordine. Alle quali, dopo le manifestazioni del movimento dei forconi tutti tirano la giacchetta per portarle dalla propria parte: l’episodio dei poliziotti che si tolgono il casco e familiarizzano con i manifestanti, spiega Tanzi, non è stato assolutamente pre ordinato né è stata una novità: «In tutte i casi di manifestazioni, una volta che si capisce che i disordini sono finiti, il funzionario di turno ordina di togliere i caschi per stemperare la tensione, e di rivolgersi con tranquillità ai manifestanti».
Forze dell’ordine che poi sono state tirate in ballo da Beppe Grillo con una lettera che fa discutere, in cui chiede ai vertici di non difendere più la classe politica ma di schierarsi con chi scende in piazza.
Domanda. Cosa è successo realmente a Genova e Torino, quando abbiamo visto i poliziotti togliersi il casco e in alcuni casi abbracciare dei manifestanti?
Risposta. Quello che è successo lo ha descritto bene un poliziotto intervistato dal Corriere della sera. Si sono tolti il casco per obbedire a un ordine, non c’è stata nessuna iniziativa autonoma. A ogni manifestazione il funzionario responsabile dell’ordine pubblico, quando si rende conto che sono finiti i tafferugli e gli scontri, per fare scendere la tensione molte volte ordina di togliere il casco e di parlare con i manifestanti. Lo facciamo da sempre: noi garantiamo i manifestanti pacifici perché manifestare è un diritto costituzionale. Interveniamo solo quando ci sono i disordini, altrimenti si collabora con i responsabili organizzativi delle manifestazioni.
D. Si è anche detto che sia stato un gesto coordinato e preparato a livello nazionale.
R. É una strumentalizzazione. Non è vero che ci si era messi d’accordo in tutta Italia, è solo un modus operandi quando ci rendiamo conto che il popolo in piazza è pacifico. Una cosa è il disagio che esiste anche tra i poliziotti, che è molto forte ed è lo stesso dei manifestanti; un’altra è il gesto che serve a stemperare la tensione, ma che non ha nulla a che vedere con un ordine di tipo politico o un atteggiamento politico.
D. Si è parlato di solidarietà dei poliziotti con i manifestanti perché le condizioni sarebbero le stesse.
R. Questo è vero. Bisogna fare chiarezza. C’è oggi un grande disagio nella polizia, un allarme che noi abbiamo già lanciato da circa un anno al governo perché la situazione è insostenibile.
D. In che senso?
R. Siamo in asfissia di mezzi, di risorse, di uomini. Il poliziotto di oggi sarà il povero di domani. Ci sono attività di polizia giudiziaria per le quali non ci sono le risorse e i poliziotti tante volte anticipano di tasca loro le spese da coprire. Ci sono problemi seri, non ci sono soldi per la manutenzione ordinaria dei mezzi, abbiamo 15mila uomini in meno, bisogna obbligatoriamente fare dei servizi che vengono richiesti senza sapere se verrà pagato lo straordinario. In questo scenario assistiamo a norme come quella inserita nella legge di stabilità che offre 40 milioni di euro per il progetto «Città sicura» che noi riteniamo del tutto inutile. Sono risorse tolte alla sicurezza reale dei cittadini.
D. Lei ha parlato di manifestazioni pacifiche, ma abbiamo anche visto, nel caso dei No Tav, autentiche provocazioni da parte dei manifestanti nei confronti dei poliziotti.
R. Si dice «tenuta anti sommossa» quella indossata dai poliziotti proprio perché se abbiamo davanti certi elementi potrebbe esserci necessità di intervenire. Ma quando si inizia una manifestazione, nessuno osserva che l’operatività si divide: davanti i poliziotti con divise ordinarie e nelle retrovie chi potrebbe intervenire, in tenuta anti sommossa, proprio perché vogliamo dare alla gente un messaggio di tranquillità. In questa ottica, ripeto, interpreto la volontà di far togliere il casco.
D. Lei avrà avuto a che fare nella sua carriera con poliziotti in servizio di scorta di autorità politiche oggi nel mirino degli insulti e delle proteste.
R. Sono 37 anni che sono in Polizia, di cui una trentina li ho passati in piazza, partendo dagli anni 70, quando c’erano gli autonomi a manifestare. Ho fatto servizio di scorta ai pentiti, sono stato per le strade. Ho vissuto il disagio di tutti i poliziotti, disagio che aumenta quando ci si rende conto che non c’è futuro, quando la politica non accoglie il nostro grido. Noi poliziotti dobbiamo difenderci dai magistrati e fare attenzione ai mass media che sparlano contro i poliziotti: se si interviene si è violenti, se non si interviene si è inefficienti. Oppure si inventano accuse impossibili, come quando dissero che avevamo sparato lacrimogeni dal tetto del ministero della Giustizia, invece erano stati i manifestanti e a centinaia di metri di distanza. Ma la colpa viene data a noi.
D. E adesso arriva Grillo che chiede ai vertici delle forze dell’ordine di non difendere più i politici.
R. Quella di Grillo è una lettera ridicola: sta solo cercando di strumentalizzare, come fa sempre, il disagio altrui. La sua lettera la rispedisco al mittente dicendogli di farsi un esame di coscienza. I poliziotti sono nella legalità e per la legalità e sono a difesa dei cittadini. Non abbiamo bisogno che ci rappresenti lui.