Emiliano Guanella, La Stampa 12/12/2013, 12 dicembre 2013
L’URUGUAY ROMPE IL TABÙ SÌ ALLA MARIJUANA DI STATO
Spinello legale e regolamentato in Uruguay, a partire del prossimo anno.
Con l’approvazione definitiva della legge sulla cannabis il piccolo Paese sudamericano è diventato il primo al mondo a permettere l’uso della marijuana a fini ricreativi; un commercio controllato dallo Stato, che diventerà il principale produttore, con vendita autorizzata nelle farmacie previa iscrizione ad un apposito albo di consumatori.
Si potrà comprare fino a 40 grammi al mese, al prezzo di un dollaro al grammo, ma la legge prevede anche la possibilità del fai-da-te; si potrà coltivare fino a 6 piante o l’equivalente di 480 grammi sulla terrazza o nel giardino di casa, sempre che l’uso sia personale e non a fini commerciali.
Per chi non avesse a disposizione lo spazio sufficiente o per chi non ha il pollice verde, c’è la possibilità di diventare soci di «club del fumo»; ne esistono già un paio a Montevideo, con quota mensile di 25 euro.
La rivoluzione voluta fortemente dal Frente Amplio, la coalizione di partiti di sinistra del presidente José Pepe Muijca, aspira a debellare la catena del commercio illegale ed ha suscitato molte polemiche in patria e all’estero. L’opposizione di centrodestra ha provato fino all’ultimo di fare ostruzionismo, i responsabili del programma delle Nazioni Unite di lotta alla droga hanno affermato che la nuova legislazione va contro i trattati e le politiche internazionali. A Montevideo escludono un futuro da nuova Amsterdam, anche perché la vendita sarà permessa solo agli uruguaiani; forse anche per questo, come ha ammesso lo stesso ministro degli Esteri Luis Almagro, nelle ultime settimane si è registrato un boom di richieste di residenza presso consolati e ambasciate in giro per il mondo. «Dicono – ha detto il presidente Muijca – che non saremo in grado di controllare il mercato della droga: noi, invece, siamo convinti che questa è l’unica forma possibile per salvare migliaia di nostri giovani dalla tossicodipendenza, attraverso un consumo responsabile e vigilato, fuori dai circoli criminali».
Con una popolazione esigua rispetto ai suoi vicini, poco più di tre milioni di abitanti, l’Uruguay è in percentuale uno dei Paesi con il più alto tasso di consumo di droghe della regione e si trova al centro delle rotte del narcotraffico che partono dall’area andina (Colombia, Perù e Bolivia) per quanto riguarda la cocaina, mentre la marijuana viene quasi esclusivamente prodotta in Paraguay. Dalle campagne paraguaiane, dove ci sono interi villaggi che si dedicano a questo, partono ogni giorno decine di piccoli velivoli commerciali che atterrano in tenute agricole nelle provincie del Nord dell’Argentina, del Sud del Brasile o in Uruguay, spesso all’insaputa dei proprietari delle stesse, che non sporgono denuncia alla polizia per paura di ritorsioni.
Famoso il caso di Juan Domingo «Papacho» Cartes, zio dell’attuale presidente del Paraguay Horacio Cartes, fermato a bordo di un velivolo con 450 kg di marijuana finito in una fattoria nella zona di Artigas, a 600 km da Montevideo. Forte l’imbarazzo del nipote illustre, che in passato era finito lui stesso nelle mire della Dea, l’antidroga statunitense, come presunto capo di un cartello di narcotrafficanti. Secondo i fautori della legge questi voli della droga dovrebbero scomparire gradualmente nei prossimi mesi. La prima «raccolta di Stato» dovrebbe arrivare fra marzo e aprile del prossimo anno, nei club privati si sta già iniziando a seminare.
Spinello legale e regolamentato in Uruguay, a partire del prossimo anno.