Valeria Fraschetti, La Repubblica 12/12/2013, 12 dicembre 2013
“PREZIOSI E VIZIATI LA SOLITUDINE IMPOSTA ORMAI CI HA CAMBIATI”
«La politica di controllo delle nascite ha stravolto così intimamente la società cinese che, proprio ora che potranno finalmente avere più figli, i cittadini non ne vogliono nemmeno uno». È questo il paradosso che vive la Cina dopo oltre trent’anni di politica del figlio unico secondo la scrittrice Xue Xinran. In pochi conoscono da vicino le profonde ferite lasciate dal programma demografico cinese quanto lei che, da giornalista radiofonica negli anni 80 e da autrice di romanzi e reportage quali “Le figlie perdute della Cina” (Longanesi), ha dato voce alle donne costrette ad abbandonare le proprie bambine per effetto dell’atavica preferenza culturale per i maschi e della politica del figlio unico.
Quali effetti hanno prodotto tre decenni di questa politica?
«Le conseguenze sociali sono devastanti. La struttura tradizionale della famiglia è stata completamente sconvolta negli ultimi quindici anni. Quando la politica del figlio unico venne introdotta, fu accolta con molto ostracismo proprio perché contraria alla cultura dell’epoca, nella quale le famiglie grandi erano la norma, erano viste come una risorsa, i figli come un’assicurazione. Invece ora le famiglie somigliano a isole, a monadi. Solitarie, ricche materialmente, ma prive di quel patrimonio immateriale offerto dalle relazioni comunitarie».
Gli effetti psicologici quali sono?
«Oltre all’indicibile dolore vissuto da milioni di donne costrette ad abortire forzatamente o ad abbandonare i figli per strada, questo programma ha trasformato l’idea stessa di figlio. Chi è nato sotto questa politica è visto come un re in famiglia, prezioso e viziato. I genitori vivono nel terrore di perderlo, sono diventati iperprotettivi, ma anche molto esigenti. Vogliono il meglio per lui e da lui. Così i ragazzi crescono sotto una pressione enorme e accentuata dalla solitudine».
Vede ricadute positive nella società cinese cinese?
«Nonostante la crudeltà insita in questa normativa, è evidente che il rallentamento demografico prodotto ha generato un’accelerazione nell’emancipazione economica dei cinesi. Senza la politica del figlio unico oggi saremmo stati 400 milioni in più. Una massa che avrebbe rallentato la lotta alla povertà e allo stesso tempo aumentato l’impatto del Paese sul riscaldamento climatico. Altro effetto positivo: il valore di una figlia femmina rispetto a un maschio è aumentato».
In che senso?
«La politica del figlio unico sommata alla pratica degli aborti di feti femminili, causata dalla preferenza per i maschietti, ha sbilanciato la forbice tra popolazione maschile e femminile. Nel 2025 ci saranno 30 milioni di uomini in più delle donne: uomini che non avranno spose a sufficienza. In questo senso, la penuria di ragazze da sposare le ha rese più preziose».
Altra distorsione generata dai figli unici è la crescente anzianità della popolazione. Proprio questo fenomeno ha spinto Pechino ad allentare la normativa sul controllo delle nascite. Che impatto avranno le nuove misure?
«Se il governo pensa di ottenere così un ringiovanimento della popolazione si sbaglia. Proprio ora che si potranno avere due figli, molte coppie non ne vogliono. La politica del figlio unico ha fatto perdere valore alla famiglia. I trentenni di oggi sono cresciuti come re e tali vogliono restare, la loro solitudine li ha resi egoisti, disinteressati alla costruzione di un nucleo familiare. Inoltre i costi per far crescere un figlio stanno crescendo e molti rinunciano per questo».
Come salvare quindi le famiglie cinesi?
«Oltre al diritto ad avere più figli, c’è bisogno di welfare: di supporto economico alle famiglie, di tutele alla maternità e, soprattutto, di rendere l’istruzione completamente gratuita».