Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 12/12/2013, 12 dicembre 2013
IL CORNO ROSSO CHE PORTA MALE A CASERTA
«Russo, tuosto, stuorto»: l’osceno «cuorno» di 13 metri piantato in faccia alla Reggia di Caserta ha tutti i titoli per scacciar la jella: è rosso, tosto, storto. Ma non è detto che porti buono. C’è anzi chi teme possa spingere l’Unesco a revocare il prezioso bollino di Patrimonio dell’Umanità.
L’autore della bravata, il sindaco casertano Pio Del Gaudio, che già era finito sulle prime pagine con l’accusa (respinta) di essere omofobo, dice di non sentirsi per niente in colpa: «Ma proprio per niente. Se davanti alla Reggia avessi messo un grande albero di Natale o un bel presepe non se ne sarebbe accorto nessuno. Un giorno o l’altro, presto, lo togliamo, ma mica mi chiamava il Corriere , se non mettevo “’o cuorno”! E invece, così, al ministero è scoppiato un putiferio e li ho costretti a precipitarsi tutti qui».
Settantamila euro è costato, quel ciclopico corno rosso. Diecimila all’artista, spiega, «più tutto il resto, Iva compresa. Tanti soldi? Me l’ha detto anche qualche cittadino: “Potevi asfaltare le strade”. Ma quelli erano fondi Por (programmi operativi regionali, ndr ). Potevo usarli solo così. Per un’opera d’arte. Quando a Roma l’hanno saputo mi ha telefonato il direttore generale Antonia Pasqua Recchia: “Tolga subito quel coso prima che all’Unesco se ne accorgano! La piazza è nostra”. E che è: extraterritoriale come il Vaticano? “Finalmente ve ne siete accorti”, ho risposto, “ci abbiamo messo due giorni a tirarlo su. Senza che qualcuno se ne accorgesse. Evidentemente la Reggia è incustodita e abbandonata a se stessa».
Che la straordinaria residenza borbonica non sia messa benissimo, per usare un eufemismo, lo dimostrò mesi fa la nostra Alessandra Arachi, raccontando di auto e moto su e giù per i viali, ragazzini indemoniati che si tuffavano nella fontana di Diana e Atteone, parcheggi nei cortili interni, venditori abusivi che «si infilano persino dentro le stanze degli appartamenti» per spacciare «guide taroccate e tarocchi della felicità, ombrelli, palloncini, biglietti per i ristoranti, persino numeri da giocare al lotto». Un quadro confermato l’altra settimana da un servizio di Stefania Battistini per la trasmissione «Kilimangiaro»: erbacce e alberelli che crescono sui cornicioni senza in attesa di un mega-restauro, alberi secolari del parco crollati e mai rimossi, erbacce che sbranano i pavimenti delle Reali Cavallerizze appena restaurati con 5 milioni di euro, uno squarcio su un fianco della stupenda Cappella Palatina causato dal crollo di una trave, i calcinacci ancora a terra dopo mesi e mesi… E la manutenzione? Possibile che con 340 dipendenti dei quali 180 amministrativi e 160 custodi (niente scopa, niente stracci, niente detersivi: non gli spetta) nessuno possa togliere le erbacce dentro le stanze delle Cavallerizze? Solito ritornello: «Mancano i soldi, manca il personale, mancano le competenze…».
«È una situazione pesante, davvero pesante», accusa Maria Carmela Caiola, presidente casertana di Italia nostra, che da anni si batte denunciando incurie, episodi incredibili (come la concessione della Palazzina Inglese per un matrimonio privato) e prepotenze dei venditori abusivi «che entrano lisci lisci con un abbonamento da 10 euro valido un anno per il parco mentre i turisti fanno code interminabili ai tornelli. Il cuorno sistemato sulla piazza è solo l’ultima offesa».
Il decreto-legge «Valore Cultura» voluto da Massimo Bray e in vigore da due mesi, in realtà, è chiarissimo e vieta ogni «attività non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale, con particolare riferimento alla necessità di assicurare il decoro dei complessi monumentali». Come ha potuto il sindaco di Caserta tirar su, davanti alla residenza d’inestimabile bellezza ideata dal Vanvitelli, quella spropositata riproduzione del curniciello ‘e curallo che è il simbolo stesso di una certa filosofia pagana e superstiziosa che si affida alla sorte («aglio, fravaglie e ffattura ca nun quaglia») piuttosto che alla ragione?
Certo, anche ’o cuorno ha qualche dignità letteraria. Ne scrive il poeta seicentesco Giulio Cesare Cortese: «Tu saje ca Giove, ch’è lo capo lloro, /quando s’annammuraje d’Europa bella, / nun se facette na chioppeta d’oro, / o comme pote, na lucente stella; / ma co’ duje corna se fece no toro, / e portajela a cavallo senza sella; / stimanno, che sia meglio a chi fa festa / portare corna, che pennacchio ntesta». Ma è difficile che all’Unesco, dove a Pappagone e Ciccio Formaggio preferiscono Salvator Rosa e Battistello Caracciolo, apprezzino la provocazione.
«Avevamo chiesto il permesso, ma come sempre non ci era stato manco risposto — dice il sindaco —. Io non ce l’ho col ministro, che non è ottimo ma “ottimassimo”. Ce l’ho con la sovrintendente Paola David. Che qualunque cosa chiediamo non ci ascolta. Vive a Roma, la signora. Viene giù un paio di volte la settimana. Non vede nessuno. Non parla con nessuno. Potrebbe spendere 22 milioni di euro ma da un sacco di tempo è tutto bloccato e la facciata della Reggia è coperta dai tubi innocenti».
Lei, la sovrintendente tirata in ballo, vorrebbe chiamarsi fuori: «A parte il fatto che gli appalti non sono una competenza mia, mi rifiuto di rispondere ad accuse così assurde, infamanti, meschine». E confida agli amici che il sindaco ce l’ha con lei perché si è messa di traverso all’idea «dei baracchini in piazza (orrore! orrore!) dove sistemare gli abusivi con la loro paccottiglia». Risponde il sindaco che sì, effettivamente lo pensa da anni che «il problema degli abusivi va risolto» e «che male ci sarebbe a mettere delle strutture fatte bene in fondo all’emiciclo? Siamo gli unici al mondo a non avere delle bancarelle!». E mentre lo scontro divampa, la maestosa Reggia di Caserta continua a perdere visitatori. Nel 1997, l’anno in cui entrò a far parte del «club» Unesco, ne arrivarono 1.025.167, quindici anni dopo, nel 2012, solo 531.160. La metà. Che sia perché mancano le bancarelle o i curniciell’ e curallo in formato gigante?