Andrea Garibaldi, Corriere della Sera 12/12/2013, 12 dicembre 2013
«NON CORRO ALLE EUROPEE, MATTEO CANDIDI D’ALEMA»
ROMA — Rosy Bindi, fondatrice del Pd, presidente della commissione parlamentare antimafia, ha una storia di botte verbali con Matteo Renzi. Oggi gli riconosce un merito grande: «La sua elezione a segretario del partito rompe la continuità Pci-Pds-Ds-Pd. Renzi realizza ciò che io ed altri non siamo riusciti a fare. Ci siamo sentiti spesso come se fossimo entrati in casa altrui».
Però...
«Renzi progetta un partito post-ideologico e lui è perfetto per questo. Ma non deve rinunciare ai legami con le culture del riformismo italiano, che sono le radici dell’Ulivo. Compresa naturalmente quella della sinistra post-comunista».
Se tutto questo non accadesse?
«Ricordo soltanto che togliere valore alle tradizioni politiche, attaccare la Costituzione, la funzione dei partiti, dei sindacati è la tossina messa in circolo da Berlusconi».
Renzi è ben lontano.
«Sì, ma è figlio di questo tempo. Il timore è che pensi al “suo” Pd. Le prime bandiere del partito sono apparse dietro di lui solo dopo la vittoria di domenica. È anche un po’ troppo abituato a lavorare da solo. Non ci sarà rinnovamento se non ancorato alle ragioni per cui nacque il Pd».
Renzi si è rivolto a voi dirigenti storici: «Aiutateci con la vostra esperienza».
«Noi siamo la generazione che visto l’uccisione di Moro, ha resistito al terrorismo, ha affrontato Tangentopoli, ha combattuto Berlusconi. Dovremmo rappresentare per Renzi ciò che per noi furono i costituenti. Senza volermi paragonare a Scalfaro o alla Iotti...».
Renzi potrebbe replicare: non siete stati in grado di sconfiggerlo, Berlusconi.
«Ma Matteo è diventato segretario del Pd dopo che Berlusconi è uscito dalla scena. Questo dipende anche dal lavoro che abbiamo svolto».
Cos’è che continua a non convincerla di Renzi?
«Il fatto che giudica l’ultimo ventennio come un unico blocco, con responsabilità uguali per tutti. E quando nel partito fa una sola lista di proscrizione, mettendomi assieme a D’Alema e Veltroni».
E il suo modo di trattare i problemi?
«Sulla riforma della Costituzione e sulla legge elettorale ha tracciato la linea giusta. Ma oggi l’emergenza è la questione sociale. Matteo deve affrontare il problema del lavoro, facendo una sintesi delle posizioni nel partito: la legislazione degli anni ‘70 va cambiata, ma le ragioni di quella legislazione sono sempre valide».
I forconi sono alle porte...
«La gente non ce la fa più, mafie, destra e populisti sono pronti a strumentalizzare i disagi. Al crocevia c’è anche la strada della degenerazione antidemocratica. Se il Pd non sarà quello pensato alla sua fondazione, se non comincerà a dare risposte, saremo destinati ai forconi e alle larghe intese».
Vede la possibilità di una scissione nel futuro del Pd?
«No, perché la vittoria di Renzi è stata forte, la partecipazione al voto ancora più forte. Ora tocca al segretario e alla sua squadra fare sintesi. E spero che Gianni Cuperlo accetti di diventare presidente dell’assemblea».
Ci sarà una corrente di minoranza, con dentro lei e D’Alema?
«Io non sono minoranza. Non mi sono schierata con nessuno dei tre candidati, quindi non ho perso né vinto il congresso. In un partito si sta con il segretario con lealtà. E con libertà di parola ».
D’Alema ha perso il congresso.
«È vero, ma ci si accanisce su di lui che ha perso e non si considera quanto Renzi possa essere condizionato dalla vecchia guardia che lo ha affiancato all’ultimo momento. Non è che D’Alema sia vecchio e Fassino giovane... In periferia sono andati con Renzi personaggi usciti dai vecchi armadi Dc, altri lo hanno scelto “perché ci fa vincere”. Magari con idee opposte a quelle che professavano fino a poco tempo fa».
Renzi non vede una candidatura sua e di D’Alema alle europee.
«Per me nessun problema, sono parlamentare italiana, onorata di guidare l’Antimafia e ho già fatto la deputata europea. Renzi ha detto che deve andare in Europa chi se ne vuole occupare: sono completamente d’accordo. Per questo D’Alema sarebbe un ottimo candidato, in Europa sa di cosa si parla».
Renzi e Letta riusciranno a convivere?
«Renzi ha raccontato la telefonata che gli ho fatto ma è stato impreciso. Non gli ho detto, scherzando, che nessuno dei due durerà. Gli ho detto: “Tanto insieme durate poco”. In realtà penso che siano condannati a collaborare, dunque meglio che lo facciano con entusiasmo. Penso che il governo possa andare avanti fino alla primavera 2015. Poi toccherà a Matteo, a Palazzo Chigi, mentre Letta meriterebbe un futuro in Europa».
Ce la farà Renzi ad aspettare?
«In questo tempo potrà coltivare la profondità (come gli suggerisce Veltroni), imparare a fare il capitano di tutta la squadra e far crescere la squadra. Forse anche non ricandidandosi a Firenze. Per rispetto alla città».