Grazia 20/2/2013, 20 febbraio 2013
MADDALENA CRIPPA: «NON ABBIAMO IMPARATO NIENTE»
Maddalena Crippa è da anni interprete d’eccezione di spettacoli impegnati, che la vedono capace di infondere ai suoi personaggi grande forza e umanità. Un’attrice attenta, mai banale, in grado di stupire anche chi, come me, la segue da anni.
La ricordiamo la stagione scorsa nell’indimenticabile «E pensare che c’era il pensiero» di Giorgio Gaber, ma quest’anno è la volta di un testo di Roberto Cavosi, uno dei drammaturghi contemporanei più rappresentati: «Anima Errante», il cui tema è il disastro di Seveso del ’76; la nube di diossina, sostanza tossica, cancerogena e teratogena, che fuoriuscì dalla ciminiera di una grande fabbrica di profumi, causando danni alla salute degli abitanti. Tra loro c’è Sara, interpretata dalla Crippa, una donna felicemente sposata e in attesa di un figlio.
Lo spettacolo inserisce nel contesto della cronaca un episodio simbolico: l’incontro della protagonista con la Vergine Maria.
Sì, ci sono due piani distinti e contrapposti: quello realistico e quello lirico. La narrazione corre su due binari: quello della denuncia sociale e quello personale, privato, di una donna, Sara, che si trova da sola ad affrontare la decisione di tenere il figlio o abortire. In quel momento non c’erano certezze sulle conseguenze della diossina sui feti, la scienza non dava risposte; così lei decide di chiederle alla Madonna, che le propone uno scambio dei figli che entrambe portano in pancia. Sara accetta ma si ritroverà sul Golgota davanti a Cristo in croce. Pur non essendo io credente, mi sono immedesimata nella solitudine estrema di questa donna, e trovo molto toccante che in quel momento decida di rivolgersi alla Madre per eccellenza. Mi piace la sua combattività, il suo desiderio di andare fino in fondo.
Perché parlare oggi dell’episodio di Seveso del ’76?
Perché non abbiamo imparato niente! Si è trattato del primo grosso disastro ecologico creato dall’uomo e da lì è stata una crescita esponenziale. Il teatro spesso racconta il passato per parlare del presente, e così diventa universale. In questo caso poi c’è stata una compagine di fattori che ha reso importante fare questo spettacolo: il testo inusuale di Cavosi, la regia così attenta di Carmelo Rifici, Francesco Colella che interpreta mio marito, e anche tutti gli altri attori.
Tu fai sempre spettacoli impegnati, seri, dal grande valore sociale. Questo credo dia un senso maggiore alla professione dell’attrice, non è così?
Sono animata da una grandissima passione e faccio scelte selettive. Credo sia necessario. Viviamo in tempi cupi e c’è bisogno di comunicare qualcosa che abbia un senso, un valore, c’è bisogno di cose necessarie.
Progetti futuri?
Sto lavorando a un nuovo spettacolo di teatro canzone, ma è ancora tutto da definire; dev’essere, come sempre, il risultato di un percorso.