Morya Longo, Il Sole 24 Ore 11/12/2013, 11 dicembre 2013
BABELE MONDIALE SUL CREDITO: 1.200 NUOVE REGOLE IN ARRIVO
Mifid, Emir, Basilea 3. Ma anche Mad2/Mar, Mifir, AifMd, Prip. E persino Crr. La fantasia dei legislatori europei e internazionali in materia di regole bancarie è quasi pari all’estro degli italiani nell’inventare nomi nuovi per tasse vecchie. Sulle banche del mondo intero sta infatti arrivando una mole immensa di nuove regole, leggi, regolamenti: calcola Boston Consulting Group, nel nuovo rapporto «Global risk», che sulla testa delle banche stanno per cadere ben 1.200 nuovi adempimenti regolamentari a livello mondiale, derivanti da circa 200 nuove normative (100 delle quali europee). Con costi che, per una banca media europea, vanno dai 50 ai 200 milioni di euro l’anno. Regole che hanno l’obiettivo sacrosanto, soprattutto dopo la grande crisi finanziaria, di rendere più sano e stabile il sistema bancario internazionale. Ma che, a causa della loro complessità, rischiano di avere l’effetto opposto. Anche perché interessano le banche, ma dimenticano in gran parte il potenziale grande problema del futuro: il sistema bancario «ombra». Il cosiddetto «shadow banking».
La marea normativa
Per toccare questa Babele gigantesca con mano, basta guardare le normative che cercano di separare le attività più rischiose delle banche (per esempio il trading proprietario) da quelle più tradizionali. In America questo progetto è inserito nella cosiddetta Volcker Rule (si veda articolo sopra), che proprio ieri è stata tenuta a battesimo. Ma progetti analoghi esistono anche in Europa: c’è il Liikanen report europeo e in Gran Bretagna la riforma Vickers. Si tratta di progetti simili nella finalità, ma ben diversi nella severità e negli aspetti pratici. E anche nei tempi di implementazione. Morale: anche un obiettivo giusto e condivisibile (quello di ridurre le attività più speculative e spregiudicate delle banche) rischia di diventare una Babele ingestibile. Rischia di creare norme in contraddizione tra loro.
Anche perché ogni riforma si scontra con le lobby locali, che ne cambiano ulteriormente i connotati generali approvati a livello internazionale quando si tratta di tradurle nelle legislazioni nazionali. «Ciascun Paese tende a privilegiare logiche locali quando deve assorbire le riforme internazionali nel proprio ordinamento – osserva Matteo Coppola di Boston Consulting Group –. Questo rende le effettive applicazioni delle riforme disomogenee tra paese e Paese, creando grandi difficoltà per le banche di dimensione globale». Le banche, poi, ci mettono del proprio per complicarsi la vita. «Tendono ad introdurre al proprio interno tutte queste normative in maniera non organica, senza pianificare accuratamente l’implementazione - osserva Coppola –. Questo ha l’effetto di moltiplicare in modo significativo i costi operativi e di ridurre l’efficacia». Alla fine, insomma, una banca di medie dimensioni in Europa spende ogni anno tra i 50 e i 200 milioni solo per adeguarsi a tutte queste regole, con il rischio di non essere mai abbastanza adeguata.
Stabilità raggiunta?
Ma la vera domanda (non oggetto dello studio di Boston Consulting) è: l’obiettivo di dare più stabilità al sistema finanziario con questa mole di regole verrà raggiunto? Di certo le banche sono oggi imbrigliate in molte normative, che limitano (almeno sulla carta) i rischi. Nella realtà l’attività speculativa non mostra però grandi segni di riduzione. Ma il problema maggiore è un altro: la marea normativa sta risparmiando una grande fetta dei mercati finanziari, quella del cosiddetto «shadow banking». Questo termine include tutti i veicoli finanziari, i fondi speculativi, i fondi che operano sul mercato monetario e tutti i soggetti che svolgono almeno in parte attività bancaria pur senza essere sottoposti alle ferree regole delle banche. Ebbene: questo sistema bancario «ombra» – secondo il Financial Stability Board – valeva nel 2007 62mila miliardi di dollari e ora ammonta 71mila miliardi. Ed è tutt’ora sottoposto a regole ben più blande.
Eppure è proprio qui, secondo molti osservatori, che la stabilità finanziaria rischia di più. Molte iniziative di «shadow banking» sono utili, per esempio per finanziare le imprese in maniera alternativa. Ma molte fette di questo settore rischiano di avere le briglie troppo sciolte. Fin che i mercati finanziari viaggiano a pieni giri, come accade ormai dal 2009, non ci sono problemi. Ma prima o poi, se qualcosa dovesse incepparsi, il sistema bancario «ombra» potrebbe far emergere tutti i suoi problemi e tutte le sue contraddizioni. A quel punto i guai sarebbero seri. Nel 2008-2009, quando lo shock colpì il mondo bancario "tradizionale", furono gli Stati a intervenire per salvare il salvabile. Ma in futuro, se dovessero emergere problemi con conseguenze sistemiche nel mondo dello «shadow banking», chi potrebbe intervenire? Difficile che possano farlo ancora gli Stati.
m.longo@ilsole24ore.com