Paolo Bricco, Il Sole 24 Ore 11/12/2013, 11 dicembre 2013
QUEI SEMAFORI ALIMENTARI ANTI-MADE IN ITALY
Ieri, a Bruxelles, l’Italia ha difeso – per l’ennesima volta – i prodotti alimentari del Club Med. Nel sistematico conflitto regolatorio – e di mercato – che contrappone il Nord e il Sud Europa, da giugno si è aggiunta la complessa – e gravosa – questione dell’etichettatura britannica. Da questa estate, in Inghilterra, ogni cibo riporta la luce rossa, gialla o verde di un ipotetico semaforo che indica la (presunta) salubrità (e il potere di ingrassare) dei singoli cibi. Sugli scaffali le confezioni italiane, spagnole e francesi vengono segnate spesso con il rosso. Ieri, a Bruxelles, al Consiglio Salute, l’Italia ha posto la questione.
Naturalmente la Gran Bretagna ha difeso il suo punto di vista, ricordando l’articolo 35 del regolamento comunitario 2011/1169 che assegna, ai singoli Paesi, margini di libertà nel campo delle etichettature. Con l’Italia si sarebbero schierati, fra gli altri, la Francia, la Spagna e la Grecia. In particolare, il rappresentante francese, allarmato per gli effetti sulla filiera del formaggio, avrebbe sottolineato il paradosso del Roquefort "appesantito" dal semaforo rosso, a fronte della luce verde di cui potrebbero beneficiare bibite gassate di ogni tipo. Il Governo porterà il problema, a Bruxelles, al Consiglio Agricoltura della prossima settimana.
Intanto, ieri il Commissario alla Salute, Tonio Borg, si è impegnato a monitorare la situazione qualora vi fossero indizi sufficienti di effettive distorsioni del mercato interno. Distorsioni del mercato, ma anche del buon senso. Sì, perché in Inghilterra, da questa estate, il mondo appare alla rovescia. La civiltà del gusto risulterebbe la sentina di tutti i mali. La bellezza del sapore minaccerebbe la salute pubblica. Il parmigiano reggiano? A Manchester non fa male. Fa malissimo. L’olio d’oliva? Beh, casalinghe di Bristol, state attente: provoca effetti assai nocivi per la crescita dei vostri figli. Ha dunque conseguenze quasi comiche, questo nuovo conflitto fra il Nord Europa e il Club Med.
In gioco però, oltre alla ragionevolezza, ci sono tanti soldi: soltanto per il nostro Paese affari per oltre 600 milioni di euro. Ma perché l’Inghilterra muove contro gli interessi italiani (oltre che francesi e spagnoli)? In Gran Bretagna l’obesità ha assunto contorni epidemiologici. La risposta, formulata dallo scorso giugno, è stata appunto l’introduzione di un nuovo sistema di etichettatura nutrizionale. Che, però, colpisce il Parmigiano e il Roquefort. Ma anche, per esempio, il prosciutto spagnolo, con il suo livello di salinità. Questo meccanismo rischia di vanificare l’attività del nostro sistema agroindustriale in un mercato strategico.
La questione è stata sollevata, lo scorso 2 dicembre, dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, in un colloquio con il viceministro della Salute inglese, Jane Ellison. «Il problema – dice Lorenzin – è che non si possono danneggiare prodotti tradizionali con marchio di qualità rendendoli vittime di una pur comprensibile campagna britannica contro l’obesità».
Il danno che si profila è grave. Anche perché il meccanismo dei semafori sta prendendo molto piede in Inghilterra: la grande distribuzione che aderisce all’iniziativa copre il 95,3% del mercato britannico. E, peraltro, non esiste nemmeno uno stringente controllo statale sull’assegnazione delle luci: un prodotto può essere giudicato ora rosso ora giallo. L’export agroalimentare italiano in Inghilterra vale 2,25 miliardi di euro. L’87,5% viene venduto attraverso la Gdo.
Da una simulazione di Federalimentare, il meccanismo di etichettatura a semaforo assegnerebbe la luce rossa al 28,3% dei prodotti alimentari esportati in Inghilterra, colpendo un paniere che, l’anno scorso, ha generato ricavi per 632,4 milioni di euro. Finora i produttori italiani obbligati a conformarsi alla richiesta inglese avrebbero sostenuto sovraccosti compresi fra i 31 e i 38 milioni di euro. Un conto che sarebbe soltanto il primo capitolo di una nuova, strisciante, guerra commerciale fra Nord e Sud Europa.
Paolo Bricco