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 2013  dicembre 11 Mercoledì calendario

LA DITTA LASCIA RENZI IN ROSSO


Ormai dismessa, e sconfitta, la “ditta” che fu di Pier Luigi Bersani lascia a Matteo Renzi un partito in rosso, ultima impronta cromatica che rimanda al passato. Il tesoriere Antonio Misiani, in carica ancora per pochi giorni, mollerà la cassa in virtuale salute, ma fragile, molto fragile: 4 milioni di euro di passivo a dicembre, almeno 7-8 per l’anno prossimo, se passa la legge sui rimborsi elettorali, pronta a Palazzo Madama per l’estremo timbro. Eppure il Partito democratico, pensato liquido e scoperto ben solido con 207 dipendenti, avrebbe parenti, non proprio lontani, estremamente ricchi: i Democratici di Sinistra, cancellati e milionari, che controllano un patrimonio valutato mezzo miliardo di euro. Circa 60 fondazioni locali, decentrate e autonome per non perire col debito di 200 milioni di euro verso le banche, gestiscono 2400 immobili e un centinaio di cimeli, libroni, reliquie, documenti, fotografie: cinquant’anni di sinistra e comunismo italiano.

I dirigenti che hanno perso
e la cassaforte blindata
Il guardiano, tesoriere a vita, è il senatore Ugo Sposetti, mai convertito al renzismo: il contrario esatto. Il giovane Pd, concepito da Democratici di Sinistra e Margherita di Rutelli, fu la conseguenza di un matrimonio con separazione dei beni. E non sorprende, allora, ascoltare Sposetti pungente come sempre, definitivo come non mai: “Usano le sedi del Pci, nessuno li caccia: o mi sbaglio? Non possiamo toccare le vecchie proprietà perché abbiamo dei creditori e 23 stipendi da pagare. Se vendiamo è per ristrutturare”.
Sposetti-pensiero tradotto: non li sfrattiamo, ci dicano grazie. Con precisione chirurgica, aggiunge, e diventa serissimo: “I soggetti giuridici sono diversi. Non possiamo dare nulla a Renzi: il sottoscritto, però, il primo gennaio vuole la tessera”.
Con drammatica lungimiranza, in via del Nazareno, dove s’installa la macchina democratica, già s’intravedono i primi scatoloni. Non le prime rassegnazioni. Il rosso nei bilanci non pare spaventare il segretario: ma la nuova gestione, la ditta fiorentina, dovrà trovare una soluzione. Il promesso tesoriere, successore di Misiani, puntuale a far quadrare entrate e uscite (a ottobre liquidità di 12,5 milioni), era Lorenzo Guerini, ex sindaco di Lodi, ora portavoce di Renzi.
Guerini ha preferito sottoporsi alle torture dei giornalisti pur di non impazzire con la calcolatrice. La deputata Maria Elena Boschi, nominata per le riforme fra i 12 in segreteria, annuncia cure dimagranti: addio consulenze, meno impiegati, zero sprechi . Non semplice. Perché soltanto le spese per il personale superano i dieci milioni di euro e la piccola Youdem di Chiara Geloni, devota a Bersani sino al patibolo, s’è ridotta per non sforare i 2 milioni. Il destino di Youdem pare deciso: il segnale sarà staccato, o giù di lì. I renziani vogliono cambiare verso, dicono. Hanno pensato, presto, di traslocare dal Nazareno, troppi i 600.000 euro d’affitto. Poi Renzi s’è accorto che il mercato romano non offre di meglio per 3.000 metri quadri, compresa la terrazza panoramica e l’attico per la sala stampa.

La nuova legge sui rimborsi e le donazioni dei privati
Il 2014 non sarà, forse, il momento per la volata a Palazzo Chigi. Più facile che sia l’anno, stavolta giusto, per il (finto ) arrivederci ai rimborsi elettorali, scarnificati fino a scomparire nel 2017: -25% ogni anno rispetto ai 24,8 milioni pubblici incassati da Misiani lo scorso luglio. I partiti dovranno sopravvivere con i contributi di società e privati sino a 300.000 euro e donazioni tramite Irpef (tassa sui redditi) del 2x1000. Questa è la legge che ha sostenuto Enrico Letta e che Matteo Renzi voleva ancora più netta. Vuol dire che il segretario s’immagina un partito più leggero, più legato ai capitali privati, ai propri militanti. Senza scomodare l’immaginazione, però, adesso ci sono 207 dipendenti che aspettano risposte e un po’ di milioni da coprire. Ma non chiedete una mano a Sposetti. La vecchia ditta un po’ di rosso lo vuole mantenere.