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 2013  dicembre 11 Mercoledì calendario

ADDIO A ROSSANA PODESTÀ, CONQUISTÒ IL CUORE DI BONATTI


Il cinema italiano non è stato molto generoso con Rossana Podestà, scomparsa ieri a Roma all’età di 79 anni: aveva sottolineato la sua avvenenza fisica ma «dimenticato» le prove più interessanti. Colpa un po’ del periodo in cui era sbocciata sugli schermi, tra gli anni d’oro delle maggiorate (il suo esordio fu nel 1951, sorellina minore di Roberto Risso nell’edificante Domani è un altro giorno di Léonide Moguy) e il trionfo del peplum, quando fu Nausicaa nell’ Ulisse di Camerini (1954) e un’indimenticabile Elena di Troia nell’omonimo film di Robert Wise (1956).
Anche chi scrive l’aveva stampata nella memoria avvolta nella calzamaglia traforata con cui appariva nei Sette uomini d’oro e per questo si era permesso di definirla «polposa» nella scheda del film sul suo Dizionario. Il che aveva sollevato qualche educata protesta, all’origine però di un’amicizia che si era consolidata negli anni.
Piuttosto che dei suoi film, preferiva parlare dei due figli avuti da Marco Vicario, Stefano e Francesco — della cui carriera registica era molto orgogliosa — e dei nove nipotini e della bisnipote a cui dedicava gran parte della sua vita recente. Insieme, naturalmente, a Walter Bonatti, che incontrò a metà degli anni Ottanta, finito il matrimonio con Vicario, grazie a un’intervista in cui dichiarò (o almeno così si racconta) che il grande alpinista ed esploratore era l’uomo con il quale avrebbe voluto ritirarsi su un’isola deserta. Bonatti allora, già separato, le scrisse una lettera: si diedero un appuntamento a Roma e fu così che cominciò un amore destinato a durare trent’anni. Bonatti fu l’inseparabile compagno per cui si convertì, per «osmosi sentimentale», alla montagna, amato intensissimamente fino alla scomparsa, due anni fa. E forse c’è una ragione se il suo ultimo film è stato Segreti segreti di Giuseppe Bertolucci, dove interpretava la dolente madre di un terrorista ucciso perché dubbioso della sua missione omicida: il film era del 1985, proprio quando Bonatti cominciava a riempirle una vita che, cinematograficamente parlando, avrebbe potuto essere più gratificante.
Nata da genitori liguri in Libia, a Zliten, il 20 agosto 1940, non ancora ventenne affascina produttori e registi «per la sua aria disinvolta e il suo charme fresco e invitante» (come ha scritto Enrico Lancia nel dizionario Gremese delle attrici), raccogliendo però parti non proprio indimenticabili (lei stessa rideva ricordando il suo ruolo di Biancaneve in I sette nani alla riscossa ).
Fino a quando il messicano Emilio Fernández la vuole per La rete (1953), noir melodrammatico dove il destino sconvolge le vite di una donna e dei suoi due uomini (il marito bandito e l’amico traditore), un ruolo che ne esalta l’erotismo ma ne promuove anche le qualità drammatiche, che poi Zurlini utilizza al meglio mettendola accanto a Antonio Cifariello in Le ragazze di San Frediano (1955).
La lunga parentesi «mitologica», che la impone nell’immaginario cinematografico ma le offre poche gratificazioni, viene interrotta da Le ore nude (1964), l’esordio cinematografico dell’allora suo marito Marco Vicario: nella parte di Carla (che per altro era il suo vero nome di battesimo) interpreta il ruolo di una moglie insoddisfatta che durante una vacanza al mare tradisce il marito per uno studente, tra echi antonioniani e mitologie borghesi.
Per qualche anno la sua carriera sarà al servizio di quella di Vicario (Sette uomini d’oro , Il grande colpo dei sette uomini d’oro , Il prete sposato , Homo eroticus , Paolo il caldo ) il quale però sfrutta egoisticamente più l’avvenenza che la bravura e contribuisce a disamorarla del cinema. Così la chiamata di Bertolucci per Segreti segreti arriva troppo tardi: alle luci dei set ha cominciato a preferire le montagne di Dubino, accanto a Walter Bonatti, e il cinema è rimasto da allora solo argomento di qualche chiacchiera tra amici.