José Edelstein, La Repubblica 11/12/2013, 11 dicembre 2013
HIGGS: “LA FISICA? È UN LUNGO PUZZLE SENZA SOLUZIONE”
Il 4 luglio del 2012 il Cern annunciò la scoperta del bosone di Higgs, l’ultimo pezzo mancante del Modello standard della fisica delle particelle, dopo quasi mezzo secolo dalla sua teoria. Nell’era della comunicazione globale, tutto il mondo poté vedere in diretta un uomo dall’aria bonaria, con occhi piccoli e vivaci dietro ai suoi grandi occhiali, che non poteva trattenere le lacrime di fronte all’annuncio che aveva atteso per tutta la vita. Era Peter Higgs, il padre della creatura. Da quando si è ritirato, passa la maggior parte del tempo in casa e va regolarmente ai musei, ai concerti e al teatro. È un sostenitore entusiasta del Festival di Edimburgo.
Il suo premio Nobel è stata la cronaca di un riconoscimento annunciato?
«Ho saputo per la prima volta di essere stato proposto per il Nobel nel 1980. Dunque, è stata una possibilità aperta per molto tempo».
Quando iniziò la ricerca del bosone di Higgs?
«Le nostre ricerche sono del 1964, ma non fecero parte di una teoria consistente fino ai lavori di Abdus Salam e Steven Weinberg (1967) e Gerard ‘t Hooft (1971). A mettere in primo piano la ricerca del bosone fu John Ellis, nel ’76. Nell’autunno di quell’anno trascorsi due mesi al Cern, dove si stava progettando un nuovo acceleratore, il LEP, che finì per confermare la validità del Modello standard, ma fu insufficiente per trovarlo».
Il bosone di Higgs è una particella elementare?
«Non ne sono convinto. Abbiamo bisogno di un qualcosa che produca il meccanismo di rottura spontanea della simmetria. Il bosone di Higgs potrebbe essere una particella composta. Sono incline a pensare a una particella fondamentale che faccia parte di una simmetria più ampia, la super simmetria, ma non ho alcuna ragione per sostenere che questo sia lo scenario più plausibile».
C’era una certa discussione su chi avrebbe ottenuto il Nobel.
«Ovviamente Englert! È davvero un peccato che Robert Brout sia morto prima della scoperta sperimentale. Strettamente parlando, loro hanno la priorità e François Englert è quello che è sopravvissuto. Anche se non lo hanno detto esplicitamente, il loro lavoro predice il bosone».
Parlando di altri fisici, ce n’è qualcuno che ammira in modo particolare?
«È una domanda difficile. Indubbiamente, ho subito l’influenza di Paul Dirac. Abbiamo studiato nello stesso liceo. Uno dei miei eroi è stato sicuramente Freeman Dyson. Anche lui ha avuto un ruolo importante nel diffondere quello che ho fatto, invitandomi all’Istituto di studi avanzati di Princeton nel 1966».
Nel suo dottorato si trovò a un passo dal lavorare sulla struttura del Dna?
«Maurice Wilkins e Rosalind Fraklin lavoravano nel mio stesso corridoio. Io studiavo delle molecole elicoidali, ma non avevano niente a che vedere con il Dna. La motivazione veniva da un lavoro di Linus Pauling su questo tipo di strutture nelle proteine. I biofisici erano molto delusi dal fatto che noi fisici teorici ci interessassimo a molecole così piccole (ride)».
Che cos’è la fisica teorica?
«La vedo come un puzzle perpetuo del quale non conosciamo la soluzione. Non abbiamo il modello finale da poter comparare. Lo dobbiamo scoprire via via, mentre avanziamo a tentoni».
Che cosa è successo il giorno dell’annuncio?
«L’anno scorso i giornalisti si erano appostati sulla porta di casa mia. Non volevo ripetere l’esperienza. Quest’anno era molto probabile che ricevessi il premio. Sono andato a pranzo fuori nella zona del porto di Leith».
È vero che lo ha saputo da una vicina?
«Mentre tornavo a casa, nel pomeriggio, una donna sui 65 anni, che si è identificata come una mia vecchia vicina, ha fermato la macchina e ha attraversato la strada per dirmi: “Congratulazioni per la notizia!”. E io le ho risposto: “Quale notizia?”. Mi ha detto che sua figlia l’aveva chiamata da Londra per comunicarle che avevo vinto quel premio».
La sua passione per la scienza ha un erede?
«Mio nipote ha 14 anni e comincia a interessarsi alla scienza. Probabilmente una certa influenza l’avrà avuta il fatto che, il primo giorno di liceo, alla prima lezione di Scienze, in fondo all’aula c’era un poster con una mia foto al Cern (ride).
L’ultima volta che abbiamo pranzato insieme mi ha chiesto come funziona questa cosa della relatività. È un buon inizio...».
Quali sono i suoi progetti per il futuro?
«Il 29 maggio del 2014 compirò 85 anni. Significherà il mio ritiro. Spero che con quella data finiscano i viaggi e la fama, che fa piacere, certo, ma attira su di te un’attenzione spossante. Mi opprime. Non posso far fronte a tutte le richieste che ricevo».
Traduzione di Luis E. Moriones