Simonetta Robiony, La Stampa 11/12/2013, 11 dicembre 2013
ROSSANA PODESTA’ ADDIO ALLA DIVA DEL PEPLUM GRANDE AMORE DI BONATTI
Agli ottant’anni Rossana Podestà non ci è arrivata. E’ morta a 79 anni, ieri mattina, dopo un’operazione al cervello, al Policlinico Umberto I di Roma, la città dove era arrivata bambina, con la famiglia, da Tripoli, in cui era nata il 20 giugno del 1934. Diva controvoglia, aveva confessato di aver dato al cinema solo la corteccia, mai l’anima: «Ho interpretato un sacco di film brutti, anzi bruttissimi, perché non davo importanza a niente. Ho fatto l’attrice come si fa la commessa e questo è il mio unico rimpianto. Ho avuto una grande opportunità e non l’ho sfruttata al meglio. Ma è andata così per un motivo semplice: il cinema non è mai stato la cosa più importante della mia vita». Diva e bellissima, con occhi dorati da cerbiatta e un corpo perfetto che le permise, ormai adulta, di posare nuda per Playboy, apparteneva a quel momento particolare del cinema, Anni 50-60 e un po’ oltre, in cui le attrici, di qua e di là dall’Atlantico, avevano ognuna un fascino proprio, una attrattiva particolare, un che assai riconoscibile che le faceva amare da alcuni e non amare da altri. Forse perché la chirurgia estetica non era ancora arrivata a dominare facce e corpi o perché il modello unico di bellezza non s’era imposto con la globalizzazione.
Attrice suo malgrado
Come Eleonora Rossi Drago, che aveva sposato un costruttore di palazzi e s’era ritirata a Palermo o come la Schiaffino, che dopo il produttore Bini era diventata la moglie di Falk, anche Rossana Podestà, finito il matrimonio con il regista Marco Vicario, aveva vissuto molto a lungo, trent’anni e passa, con l’alpinista Walter Bonatti, dividendosi tra la casa di città e quella di montagna vicino Sondrio. Al suo grandissimo amore, scomparso nel 2011, ha dedicato una biografia (Walter Bonatti. Una vita libera, Rizzoli) e una protesta contro la Rai, rea di aver prodotto una fiction sul K2 (La montagna degli italiani) non rispettosa della verità dei fatti. Molto triste l’epilogo della loro storia, il 14 settembre 2011: dato che non erano sposati, non le permisero di stargli accanto in ospedale mentre moriva.
Era piombata nel cinema, la Podestà, inconsapevolmente, a 16 anni, a causa di un provino scherzoso per Domani è un altro giorno di Moguy e, dopo una parentesi in commedie sentimentali firmate da Steno, Zurlini, Monicelli, fu lanciata nel giro internazionale come attrice sensuale e aggressiva dal messicano Fernandez in La rete. Accadeva a molte, in Italia, nel periodo della ricostruzione e un po’ prima del boom, di essere acchiappate per strada, in un negozio, fuori la scuola e diventare attrici. Per lei si spalancarono, dunque, le porte dei kolossal americani ambientati in una falsissima Roma antica, i «peplum» li chiamavano loro, i «ciabattoni» le comparse di Cinecittà dove venivano girate. La sua Elena di Troia accanto a Kirk Douglas resta indimenticabile, soprattutto se si crede alla leggenda secondo cui l’avrebbe soffiata a Lana Turner, ad Ava Gardner, addirittura a Liz Taylor. Ma alla Podestà quelle ciglia finte, quelle parrucche a torre, quelle tuniche plissettate alla francese, andavano strette. Il film Sette uomini d’oro che il marito Vicario le cucì addosso, infilandola in una tutina di pizzo strizzatissima su cui trionfava il suo volto perfetto incorniciato da un moderno taglio dei capelli a caschetto modello Vergottini, fu un successo mondiale di critiche e di incassi. E lei gliene è sempre stata grata: «È stato il film che mi ha salvato. Da cosa? Dai peplum naturalmente. Dopo Elena di Troia sembrava che non potessi far altro che film mitologici, invece è arrivata la svolta». Sette uomini d’oro, finto noir e autentica commedia, segnò una svolta per la sua carriera e per il costume italiano: si avvicinavano a passo svelto quei due o tre felicissimi anni che precedettero la contestazione del 68 e il disfacimento di un sogno di benessere condiviso. Quel successo, però, non si ripetè o lei non seppe coglierlo. Con ironia Rossana Podestà verrà sfruttata nelle pellicole comico-erotiche di Lando Buzzanca e compagni, come Paolo il caldo o Il gatto mammone, ma la sua voglia di far cinema, già scarsa in partenza, s’era esaurita. E’ ritornata sullo schermo solo nel 1985, per l’amico Giuseppe Bertolucci, il fratello minore di Bernardo, in Segreti, segreti, piccolo film elegante, non vocato alla popolarità.