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 2013  dicembre 11 Mercoledì calendario

“RICEVIAMO DEGLI ORDINI MA SIAMO SOFFOCATI COME LORO”


Il ragazzo si avvicina al poliziotto per recapitargli una specie di preghiera. «Io sono come te. Vengo dal quartiere popolare delle Vallette. Mio padre si è sfondato la schiena tutta la vita. Hai capito? Da due anni sono in cassa integrazione a 700 euro. Non so cosa dire a mia figlia. Accetta questo panino, dai... Mangia con noi. Togliti il casco, stiamo dalla stessa parte. L’Italia siamo noi. Non difendere questi politici di m... Non lo vedi che ci stanno prendendo tutti per il culo?».

Il poliziotto del reparto mobile ha 24 anni, baffetti e pizzetto sagomati biondi. Non accetta il panino. Non muove neppure un sopracciglio. Del resto, gli ordini erano arrivati via radio a tutti gli agenti: «Non rispondete. Attenzione alle telecamere». Così il ragazzo se ne va con il suo panino, mentre da dietro le urla rimbalzano contro il palazzo della Regione in piazza Castello: «Dimissioni, dimissioni!».
Una giornata assurda, la seconda. Il più applaudito forse è un ragazzo tunisino che si chiama Rauf Boulares, 28 anni, prende il megafono a tre metri dal cordone di polizia: «Io vengo da un Paese sottosviluppato che ha saputo sgomberarli. Come mai l’Italia, un paese stupendo che mi ha accolto a braccia aperte, non riesce a farli fuori?». Scudi a proteggere il palazzo. Ogni mezz’ora un gruppo si stacca e va a bloccare il traffico. Sirene. Maledizioni. Silenzi che stanno stretti. Anche il poliziotto con il pizzetto, infatti, avrebbe qualcosa da dire. Lo incontriamo due ore più tardi davanti al Consiglio regionale in via Alfieri. «Il problema non sono i caschi - dice - li indossiamo se la situazione è tesa. È un ordine, non una scelta». Qual è il problema, allora? «Quel ragazzo ha ragione. Sono simile a lui. Guadagno 1260 euro. Faccio fatica. Mio padre dice che fanno bene a protestare. Anche io la penso così. Non avevamo mai visto questa gente in strada. Sono diversi». Diversi, come?
Le parole affogano nel delirio. «Tutti indietro!». «Tutti avanti!». «Tutti a casa!». «Via!». «Merde, merde, merde!». Una città da scorribande. Quando vedono una bandiera dei Cobas, giù fischi e minacce: «Non vogliamo partiti!». Quando bloccano un pullman della Gtt, applausi. Forse anche perché l’autista tira giù il finestrino: «Fate bene - dice- sono con voi». E quando di nuovo si trovano di fronte i poliziotti, ecco il coro: «Casco blu, casco blu, manifesta pure tu... ». Sono i ragazzi degli istituti tecnici con le creste identiche a quelle dei calciatori. Madri disoccupate. Pensionati. Il macellaio romeno Adrian Andronache, da 11 anni in Italia: «Il padre della mia ragazza è un poliziotto. Loro sono vittime come noi. Vittime di questi politici schifosi che non si rendono conto... Io alle otto di sera vado a letto distrutto. Quelli mangiano gratis, si fanno rimborsare tutto». Ecco, nelle urla ritornano sempre i rimborsi più eccentrici dei consiglieri regionali. «I campanacci da mucca». «Il solarium». «Le mutande di Cota». I poliziotti stanno in mezzo. Ogni minuto qualcuno si avvicina: «Non difendeteli, lasciateli a noi questi ladri...». Il signor Giuseppe De Candia, commerciante di pesce: «Ci stiamo comportando bene. Nessuna violenza, come ci avete chiesto». Il ragazzo con il cappellino da baseball di traverso: «Cantate con noi! In coro: “Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta...”». Ancora applausi quando altri poliziotti, appena arrivati davanti al palazzo della Regione, si tolgono i caschi, seppure lo facciano come da ordine ricevuto.
Eugenio Bravo è il segretario regionale del Siulp, uno dei sindacati di polizia più rappresentativi: «Le forze dell’ordine non possono essere considerate buone o cattive a seconda dell’equipaggiamento indossato. Il casco in testa diventa perentorio contro violenze e aggressioni, alle quali rispondiamo con professionalità. Se poi le ragioni della protesta possono essere similari e quindi magari condivise dai poliziotti, soffocati economicamente ed esasperati per le difficili condizioni finanziarie, personali e familiari, si ribadisce che gli agenti garantiscono comunque l’ordine e la sicurezza dei cittadini ed agiscono per il rispetto dello Stato e delle leggi...». Ecco il punto. Stessa povertà. «Ragioni similari». «Magari condivise». «Mangiate un panino con noi, dai...».