Paolo Siepi, ItaliaOggi 11/12/2013, 11 dicembre 2013
PERISCOPIO
Se Renzi è il meglio che c’era su piazza, pensa agli altri. Jena. La Stampa.
Brutto flop anche in India per il candidato-erede della Ditta, Cuperlo Gandhi. Maurizio Crippa. Il Foglio.
Pur non avendo condiviso i proclami di Renzi sulla rottamazione, ora vedo che sul suo carro sono saliti tutti. Come farà Renzi a cambiare? Silvio Sircana, ex portavoce di Romano Prodi. Corsera.
Tosi è arrivato a esaltare il matrimonio fra omosessuali: sono cose contrarie al sentimento della gente. Vada a fare danni altrove. Tosi ha rovinato il Veneto. Ha buttato fuori dalla Lega tutti quelli che non erano del suo gruppetto. Le spiego una cosa. A Verona ci sono due tipi di tessera: quella del militante, che dà il diritto di votare al congresso, e quella di sostenitore, che non dà diritto di voto. Lui ha declassato a sostenitori un sacco di militanti che si erano fatti un mazzo per anni. Si è vendicato perché diceva che lo avevano fischiato a Pontida: cose del genere, ai miei tempi, non sarebbero mai successe. Umberto Bossi, La Stampa.
Per gli house organ del Pd, Formigoni era un corrotto e Alfano un incapace finché stavano con Berlusconi: ora che si sono messi in proprio (così almeno si crede) per sostenere il governo Napoletta, diventano delle reincarnazioni di Quintino Sella e Camillo Cavour. Specularmente, Alfano e Formigoni erano, prima, due perseguitati da difendere e ora sono due mascalzoni da attaccare. Poi, certo, c’è la stampa cosiddetta «indipendente»: quella che sta sempre dalla parte del governo, di qualunque colore esso sia, e passa il suo tempo a bastonare le opposizioni. In questa parodia di dialettica democratica, che in realtà è la prosecuzione della partitocrazia con altri mezzi, chi non s’intruppa né di qua né di là e mantiene posizioni critiche nei confronti di chiunque lo meriti, o viene intruppato a destra e a sinistra a seconda delle circostanze; oppure prende botte da tutte le parti perché non si riesce a irregimentarlo. Marco Travaglio. Il Fatto quotidiano.
Frank Cimini ha pubblicato sul suo blog che un magistrato milanese è stato condannato a due mesi e 20 giorni perché guidava ubriaco una bicicletta di notte su un marciapiede a Milano. Ma chi è questo magistrato? Non si può sapere: il riserbo è assoluto e impenetrabile. Del resto il Csm, con lettera del 27 agosto 2008, ha invocato la legge sulla privacy per impedire che vengano nominati i magistrati condannati dalla sezione disciplinare dello stesso Csm: gente che, citando sentenze a caso, ha dimenticato innocenti in carcere, non ha pagato il conto al ristorante, ha perso fascicoli e anni di lavoro altrui, oppure semplicemente non lavora o è mentalmente instabile. C’è uno che è stato visto chiedere l’elemosina per strada, un altro ha spalmato l’ufficio di Nutella, un altro ha urlato «ti spacco il culo» a un avvocato: e stiamo parlando di gente che giudica la vita altrui. E chi sono? Non si può sapere: la legge italiana prevedere che vadano omessi i nomi dei minori, delle vittime di violenze sessuali e, prendiamo atto, anche dei magistrati. Poi dicono che manca la privacy: balle. Filippo Facci. Libero.
Berlusconi si è convinto di una cosa. Renzi sembrava meglio di ciò che si è poi rivelato. Giovane di talento e grande comunicatore all’inizio. Cinico, opportunista e con poco contenuto oggi. Diceva di voler battere Berlusconi alle urne e poi nel Pd ha fatto la battaglia per la decadenza. Questo, Berlusconi non se lo può scordare. Giovanni Toti, direttore del Tg4. Corsera.
Non ho mai capito se sono italiano o americano, sicuramente sono milanese. Eugenio Finardi. Corsera.
Per Nanni Moretti il valore più importante è quello della famiglia. Il rispetto per i genitori (che nella vita reale Moretti ha molto amato e fatto spesso recitare nei suoi film), la cura e l’amore per i figli (e lo straziante dolore per la perdita, curato solo dal rinsaldarsi del vincolo familiare, come rappresentato nella Stanza del figlio, per me, ad oggi, il vero capolavoro di Moretti), la tristezza della disgregazione dei vincoli coniugali (dei genitori di Nanni prete in La messa è finita o di Silvio Orlando in Il caimano), sarebbero applauditi dai critici conservatori della National Review, non da quelli progressisti del New York Times. Alessandro De Nicola. la Repubblica.
I corridori che ho ammirato sono tanti: Ascari padre e figlio, Nuvolari, Stirling Moss, Collins, Musso, Fangio, Lauda. Il migliore, per me, era Nuvolari perché l’ho conosciuto molto bene e ho conosciuto la sua tragedia: un uomo che ha cercato la morte in corsa e l’ha trovata in un letto di umiliazione in ospedale. Enzo Ferrari. Il Fatto quotidiano.
Quando veniva di sera a casa loro il calzolaio Carmelo Giordano, detto Zitamentu perché faceva anche il sensale di matrimoni, e incominciava a parlare di certo Carlo Marx, e della rivoluzione del proletariato, e della società del futuro in cui tutte le diseguaglianze e tutti gli abusi sarebbero stati aboliti, lei rimaneva ad ascoltarlo con gli occhi spalancati e la bocca aperta come aveva ascoltato da bambina, suo nonno che le raccontava le favole; e si allontanava soltanto se Nuzzu, il figlio appena nato, incominciava a strillare, o se Saro le faceva segno di andarsene, perché lui e i suoi amici dovevano parlare di «cose da uomini». Sebastiano Vassalli, Il cigno.Einaudi.
Si ritrasse d’un colpo come un gatto investito da un getto d’acqua gelida. Nantas Salvalaggio, Il salotto rosso. Mondadori.
Bottarelli (o, anzi Botta, come lo accorciavano i compagni) era l’ultimo della classe. I capelli all’Umberto, strabico, dai denti verdi e dai polpacci villosi, già virili. Lo chiamavano anche «il Commissario», perché era figlio di un maresciallo della Pubblica Sicurezza. A lui faceva capo la malavita scolastica. La sua guardia del corpo erano Cattaneo e Paoli; quello, detto «il pretino» perché era stato un anno in seminario: una scimmietta rossiccia, che fumava le cicche del capo, scottandosi le labbra; questo, ribattezzato «il Cacca» per certe sue pose nobilesche (era di famiglia baronale) e una smorfia che gli arricciava il profiluccio araldico. Luigi Santucci, Il Velocifero. Mondadori, 1963.
Le donne più incontentabili sono quelle che ti dicono subito di sì. Roberto Gervaso. il Messaggero.