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 2013  dicembre 10 Martedì calendario

PERCHÉ L’AGROALIMENTARE PUÒ ESSERE IL MOTORE DELLA RIPRESA MONDIALE


Il settore agroalimentare sarà sempre più strategico per la crescita globale. Il comparto ha conseguito importanti risultati, riscuotendo forte interesse presso gli investitori. Dal 2005 al 2012 gli investimenti privati sono triplicati a 100 miliardi di dollari, mentre i titoli delle aziende quotate del settore si sono apprezzati due volte più della media di mercato.

Risultati in parte attribuibili alla natura anticiclica del settore, ma anche a tre fenomeni globali, che continueranno ad accentuarsi nei prossimi decenni: la sensibilità dei consumatori nei Paesi industrializzati a qualità e sostenibilità dei generi alimentari, l’impatto della crescita demografica dei Paesi emergenti sulla domanda globale e, infine, i limiti che le risorse naturali porranno allo sviluppo dell’agroalimentare, rendendo l’efficienza nell’uso delle risorse un requisito irrinunciabile per la crescita.

Le vendite di alimenti biologici in Europa sono raddoppiate nel periodo 2004-2011, a conferma che nei Paesi industrializzati la popolazione è sempre più interessata a prodotti sani, di qualità e sostenibili. Ancora più importante è il ruolo che i Paesi emergenti giocheranno nella scena globale. Secondo uno studio del McKinsey Global Institute, entro il 2030 la crescita economica nei Paesi in via di sviluppo porterà all’ingresso di circa 3 miliardi di persone nella classe media. Ciò spingerà i consumi, in particolare la domanda di cibi ad alto contenuto proteico. Carne, pesce, latticini scaleranno la piramide alimentare, con effetti a cascata sulla domanda di cereali e granaglie. Imponente l’impatto a livello mondiale: secondo la Fao, la richiesta aumenterà del 70% dal 2000 al 2050, a fronte di una crescita prevista della popolazione mondiale del 55%. La crescita della domanda si scontra però con i limiti ambientali e la ricorrente instabilità climatica. L’espansione sostenibile delle superfici coltivate resta un serio problema: uno studio dell’Università di Stanford ha mostrato come più del 55% delle nuove superfici messe a coltura nei Tropici nell’ultimo ventennio del secolo scorso sia stato ottenuto a scapito delle foreste tropicali, con gravi conseguenze su biodiversità ed emissioni di Co2. La disponibilità idrica è un altro fattore limitante. Da uno studio McKinsey per il Water Resource Group emerge che nel 2025 sarà difficile soddisfare quasi un terzo del fabbisogno di acqua per usi urbani, agricoli e industriali. Ulteriori limitazioni alla produzione vengono dalla perdita di fertilità del suolo, dall’urbanizzazione di terreni ad alta produttività agricola e dal potenziale impatto di una crescente instabilità climatica sulle colture non irrigate. Da questi trend emergono tre aree strategiche per le imprese, in particolare italiane: produzione e distribuzione di prodotti di alta qualità con certificazione di sostenibilità ambientale; le produzioni animali e di proteine (carne e pesce); le tecnologie in grado di aumentare produttività ed efficienza delle filiere, dal campo alla forchetta (cioè dall’irrigazione fino alla logistica post raccolto).

L’Italia può essere protagonista di tali cambiamenti. Nel 2012 il fatturato agroalimentare era circa 130 miliardi di euro. La filiera, dalla produzione alla distribuzione, genera l’8% del pil e incide per il 13% sull’occupazione totale. Cogliere appieno le opportunità offerte dal settore agricolo dovrebbe essere una priorità sia per gli operatori sia per il governo, indispensabile per la definizione di regole e incentivi. Delle tre aree di interesse sopra citate, due sono più facilmente applicabili all’Italia. Anzitutto le produzioni nazionali possono far leva sull’aumentata richiesta di prodotti di qualità (i consumi delle produzioni italiane Dop e Igp valgono 12 miliardi di euro e crescono del 7% l’anno). La cultura del cibo è storicamente radicata e il sistema agroalimentare italiano beneficia di una domanda interna di qualità molto avanzata, che sostiene un tessuto imprenditoriale innovativo e nuovi modelli distributivi di grande successo anche all’estero. L’espansione internazionale del movimento Slow Food e di realtà come Eataly sono esempi da seguire. È una grande opportunità per l’Italia, su cui continuare a investire. In secondo luogo, le nostre aziende innovative possono contribuire allo sviluppo di soluzioni tecniche e logistiche che aumentino l’efficienza in agricoltura. La crescita della domanda di massa nei Paesi emergenti e la richiesta di tecnologie per un’agricoltura che utilizzi meglio risorse scarse, creano una domanda di soluzioni innovative esportabili in tutto il mondo, non limitate dalla superficie agricola nazionale. In Italia sono state già sviluppate soluzioni d’avanguardia nel riciclo delle biomasse agricole, come il primo impianto al mondo di seconda generazione per la produzione di etanolo, della Mossi & Ghisolfi, o il progetto Eni-Novamont sulla biochimica da biomassa a filiera corta in Sardegna. E ci sono altri settori, come le soluzioni per l’agricoltura nei climi semi-aridi, o acquacoltura, in cui l’Italia può recuperare la leadership tecnologica. Un’opportunità per combinare la crescita con il contributo a un futuro più sostenibile.