Sara Faillaci, Vanity Fair 11/12/2013, 11 dicembre 2013
CHIARA MASTALLI A CHE GUSTO MI VOLETE?
Al provino per Un fantastico via vai Leonardo Pieraccioni, che del film è regista e interprete, non c’era. Per questo chi faceva il casting ha chiesto a Chiara Mastalli di fare una piccola presentazione di sé, da mostrargli prima del provino vero e proprio. E lei ha risposto: «Non faccio nessuna presentazione, se vuole va lui a vedere chi sono. A Pieraccioni voglio mandare un messaggio: “Stai molto attento, perché se non mi prendi ti mando i miei amici sotto casa”».
Due giorni dopo le è squillato il cellulare: «Mastallina, sono Leonardo, ti devo vedere subito. Lo sai che m’hai messo paura?».
Quando i due si incontrarono di persona, il ghiaccio era già rotto e Mastalli ha ottenuto la parte: quella di una ventenne che con altri tre studenti vive nell’appartamento dove Arnaldo (Pieraccioni), cacciato di casa per un equivoco dalla moglie (l’attrice Serena Autieri), si trasferisce a vivere per qualche tempo; si innescheranno divertenti dinamiche tra l’uomo maturo e i giovani pieni di sogni e dubbi. Del cast del film, in sala dal 12 dicembre, fanno parte anche Giorgio Panariello, che ha una piccola parte, e Massimo Ceccherini nel ruolo del padre di Chiara. Qualche settimana fa giravano in Rete foto rubate di un bacio proprio tra la Mastalli e Pieraccioni, e subito si è parlato di un flirt.
29 anni, padre romano e madre varesina, Chiara lavora da quando ne aveva 6: tanta pubblicità, e a 16 anni il debutto cinematografico con Bernardo Bertolucci nel cortometraggio Ten Minutes Older - The Cello. Negli anni, però, la sua strada si è rivelata la commedia: nel 2004 ha recitato in Tre metri sopra il cielo, nel 2008 in Amore, bugie e calcetto, ma il film che le ha dato più popolarità è stato nel 2006 Notte prima degli esami di Fausto Brizzi.
Anche nel film di Pieraccioni c’entra Brizzi: in che modo?
«Con Fausto ci sentiamo spesso per scambi di idee, progetti. Gli ho chiesto qualche consiglio anche per questo provino: lo abbiamo letto insieme e visto che dovevo interpretare una borgatara, una che sogna di fare la velina ma arriva seconda e manda il Gabibbo a quel paese in diretta, lui mi ha consigliato di masticare la gomma e fare i palloncini mentre recitavo le battute. Ha funzionato».
Pieraccioni è simpatico come sembra?
«È divertente e molto umile. Questo film è diverso dai suoi precedenti, più per famiglie. Si vede che diventare padre l’ha cambiato».
Per un momento sembrava che sul set tra voi fosse nato un flirt.
«Ci baciamo. Ma solo per esigenze di copione; quelle apparse in Rete erano foto scattate sul set».
Nella vita è fidanzata?
«Con Damiano, 35 anni. Ci siamo conosciuti otto anni fa sul set di una fiction, lui era direttore di produzione, e non ci siamo più lasciati. L’anno scorso abbiamo aperto una gelateria a Marina di San Nicola, vicino a Fregene».
Recitare non le basta?
«Due anni fa mi sono presa un po’ di tempo per capire che cosa volevo veramente: lavoro sia per il cinema sia per la Tv, ma l’attore non è un mestiere che dà sicurezze e io volevo qualcosa di concreto per il futuro. Mi sono scoperta uno spirito imprenditoriale, forse ereditato da mia madre: per anni ha fatto avanti e indietro tra Roma e Varese per lavorare nell’azienda di famiglia (produceva la scopa Pippo, ndr). L’anno scorso ho rilevato anche un asilo nido, ho sempre amato i bambini: se ne occupa mio padre, psicologo, e io quando posso do una mano».
Come nasce la passione per il cinema?
«Da una nonna che sognava il mondo dello spettacolo. Era lei a portarmi ai provini da bambina e a incitarmi quando mi intimidivo: “Se non vai tu, guarda che vado io”. Ancora oggi è la mia fan numero uno; se non ottengo una parte, sta male».
Com’è stato il debutto con Bertolucci?
«Ero troppo giovane per rendermi conto dell’occasione e godermi fino in fondo quell’esperienza. Ricordo che mi affittai tutti i dvd dei suoi film».
Ha mai studiato recitazione?
«Mi avevano ammessa al Centro sperimentale, mi sembrava un sogno. Ma pochi giorni dopo mi presero per Notte prima degli esami. Sheila Rubin, all’epoca insegnante del Centro, mi disse di pensarci bene, che sarebbe stato più generoso da parte mia lasciare il posto a qualcun altro. La ascoltai e oggi non ho rimpianti, ma lì per lì soffrii molto nel dover prendere quella decisione. Mi iscrissi allora all’università e mi sono laureata in Marketing e pubblicità, per avere la possibilità di lavorare nel cinema anche a livello manageriale».
È figlia unica?
«Ho una sorella che ha 6 anni meno di me. Ha provato anche lei a recitare ma ha capito presto che non era la sua strada, e quando le hanno offerto di fare mia sorella in Notte prima degli esami ha rifiutato, nonostante la mia insistenza».
Lei è l’unica italiana nel cast di Rome, serie Tv americana ambientata nell’antica Roma. Come ha fatto?
«Se piaci agli americani, loro investono su di te. Per due anni mi hanno fatto prendere tutti i giorni sul set lezioni d’inglese. Il creatore di The Mentalist Bruno Heller era il direttore creativo, si trattava di una produzione megagalattica, durata due stagioni. Su Bbc e Hbo è stata un successo, in Italia meno».
Avere un padre psicologo aiuta?
«Macché. È come avere il padre calzolaio e andare in giro con le scarpe rotte, come si dice a Roma. La cosa più frustrante è che non puoi andare in terapia neppure dai suoi amici».