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 2013  dicembre 10 Martedì calendario

VALLANZASCA E LE MOZZARELLE DELLA CAMORRA


E’ una grossa operazione quella della Dda di Napoli, contro i soliti uomini uomini di camorra dediti all’usura e all’estorsione. Anche i numeri sono grossi: quattordici presunti mafiosi trascinati in cella all’alba, altri quattro costretti all’obbligo di firma. E ancora: beni per due milioni di euro sequestrati, due anni di lavoro duro. Due anni passati a intercettare, trascrivere brogliacci, interrogare pentiti e imprenditori vittime dell’usura ma più propensi alla reticenza (pur di scongiurare la vendetta dei clan) che non alla collaborazione. Brillante lavoro delle forze di polizia, che però avrebbe rischiato di finire dentro una “breve” di cronaca, se non fosse per il nome rimbalzato nei verbali. Meglio, il cognome: Vallanzasca.
Il bandito di un tempo, sul quale la cronaca di un’altra Italia ha costruito l’icona del bel René. Il detenuto più detenuto d’Italia, dal 2008 marito di Antonella D’Agostino considerata, dagli uomini guidati dal pm di Napoli Francesco Greco, fiancheggiatrice della banda criminale. I poliziotti sono andati ad ammanettarla di primo mattino, nell’appartamento a ridosso del cimitero Maggiore di Milano, dove Renato Vallanzasca (neanche da semilibero) non abita più da almeno due anni, avendo traslocato nella casa di una nuova signora. Secondo il gip di Napoli Maria Vittoria Fischini, che ha firmato l’ordinanza a carico dei diciotto, Renato Vallanzasca «anche da detenuto» non avrebbe «mai smesso di avere contatti con la criminalità ». Del resto è piuttosto arduo pensare che uno, in prigione da 47 anni, possa avere interagito più con le Orsoline che non con i compagni cella. Renato Vallanzasca è stato lambito dall’inchiesta di Napoli: in un’ intercettazione di maggio 2012 parla con tale Italo Zona, boss di uno dei clan camorristi di Mondragone (Caserta), arrestato per estorsione insieme con Antonella D’Agostino. L’arre - stato, al telefono, avrebbe proposto all’ex bandito di aprire a Milano un fast food della mozzarella. Roba di provenienza più camorrista che non bovina. Il progetto però sfuma, con Vallanzasca (già condannato a quattro ergastoli e trecento anni circa) che stavolta però non viene perseguito. Ma basta e avanza perché le agenzie di stampa e i siti titolino a caratteri cubitali il suo nome in cima alla notizia. Dando così enorme eco alla brillante operazione napoletana. Chesi può sintetizzare così: i diciotto, fra presunti estortori e usurai, prestavano soldi a imprenditori in difficoltà. E approfittando dello stato di bisogno delle vittime, pretendevano la restituzione del capitale con maggiorazioni elevatissime, ricorrendo a intimidazione e minacce di morte come da prassi. Un giro di usura che sconfinava tra le province di Frosinone, Caserta, Latina, Milano, Napoli e Terni. Con Antonella D’Agostino che da Milano, secondo l’accusa, avrebbe avuto un ruolo di intermediazione, soprattutto in un’operazione di “acquisizione” di un albergo: l’International di Mondragone. L’esercizio (dove la signora il 17 agosto 2012 ha presentato un suo libro sul bandito Francis Turatello), stava per chiudere. Il titolare, Antonio Barbatelli, sprofondato nella disfatta finanziaria chiede aiuto proprio alla consorte di Vallanzasca, perché interceda con il clan dei Perfetto con il quale la donna sarebbe in rapporti molto stretti. Lei però agisce in senso opposto e chiede ai comorristi di affossare l’International: «Guarda che quell’albergo ce lo prendiamo noi! Lo gestiamo noi!», dice al telefono al boss Italo Zona. E ancora: «La nuora ha appena partorito, che ce ne frega! Questo (Antonio Barbatelli, ndr) è proprio un uomo inutile, non ho parole per questo deficiente! Questo è proprio un lordo, un coso lordo!». Quote della struttura, emerge dalle indagini, sono effettivamente state rilevate dalla signora Vallanzasca.
L’inchiesta va avanti tra intercettazioni telefoniche e ambientali, si avvale anche delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia. Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione di stampo camorristico, estorsioni, usura e intestazione fittizia di beni. Scatta il maxisequestro di beni: sigilli ad aziende del settore alimentare, cinque società, bar, ristoranti, beni mobili e immobili degli indagati. La polizia individua prestanome dei quali gli affiliati al gruppo si sarebbero avvalsi per costituire società e riciclare i soldi provenienti dalle attività criminali.
Come la vendita della mozzarella, che al posto di Renato Vallanzasca, viene portata e venduta a Milano dal boss Giuseppe Perfetto.