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 2013  dicembre 10 Martedì calendario

LA SCONFITTA DELLA GANDHI È UNA FREGATURA PER I MARÒ


Brutte notizie per i due marò italiani sotto processo in India. La loro odissea rischia di complicarsi ulteriormente a causa del terremoto politico che ha dato uno scossone, forse esiziale, al governo di Nuova Delhi, che svolge un ruolo cruciale in tutta la vicenda processuale – a favore dei marò - dopo che la difesa è riuscita a strappare il giudizio ai tribunali e alle autorità politiche del Kerala. Il partito del Congresso nazionale, la cui leader è Sonia Gandhi, ha infatti clamorosamente perso le elezioni in quattro Stati federali in cui si è votato domenica: Rajastan, Madhya Pradesh, Chhattisgarh e lo Stato di Nuova Delhi. La vittoria nei primi tre Stati è andata al principale partito di opposizione, il Bharatiya Janata (Bjp), guidato da Narendra Modi, candidato premier alle elezioni nazionali del prossimo anno. Confusa invece la situazione nel quarto, cruciale Stato di New Delhi in cui nessun partito ha conquistato la maggioranza, il che porterà probabilmente a un nuovo turno elettorale.
Dunque, l’intera scena politica indiana è stata terremotata e si preannuncia un indebolimento radicale del partito di governo di Sonia Gandhi. Questo, può avere riflessi non secondari sulla sorte dei due fucilieri di marina. Infatti il 18 gennaio 2013, la Corte Suprema dell’India stabilì che la competenza a giudicarli non era né dello Stato del Kerala (retto da un governo marxista che aveva usato spregiudicatamente la vicenda per propri fini elettorali «antimperialisti »), né dell’Italia (che aveva chiesto di poter assumere a sé il processo, essendo il supposto reato avvenuto in acque internazionali). Stabilì quindi che Salvatore Girone e Massimiliano Latorre dovevano essere giudicati da un Tribunale Speciale formato dalla Corte stessa in congiunto col governo centrale. Quindi una corte – un giudice monocratico - fortemente influenzato dal governo indiano, a sua volta molto sensibile al tema delle buone relazioni internazionali (e commerciali) con l’Italia. La riprova di questi influssi si è avuta il 6 dicembre quando il tribunale ha respinto – ma non in via definitiva - il tentativo della Nia (la polizia investigativa indiana) di contestare ai marò un reato passibile di pena di morte. Se infatti i marò fossero giudicati per violazione della legge indiana contro la pirateria (il «Sua Act»), rischierebbero la pena capitale e addirittura vedrebbero capovolgere su sé stessi l’onere della prova della propria innocenza. L’udienza era talmente delicata e il pericolo talmente elevato che Staffan de Mistura, inviato speciale di Enrico Letta, aveva disposto che i due marò non si presentassero in Tribunale e restassero nella sede diplomatica italiana (in ambito extraterritoriale). La nuova udienza del processo si terrà il 14 gennaio e solo allora si saprà se il pericolo di questo terribile svolta processuale sarà sventato. Ora però un fatto extragiudiziario, l’indebolimento del Partito del Congresso e quindi del governo e l’avvio di una campagna elettorale per le politiche del 2014, rischia di gettare questo processo nel fuoco di una campagna elettorale demagogica, come già avvenne in Kerala. Il nazionalismo è molto forte in India ed è facile «merce» per conquistare consensi elettorali sulle spalle dei nostri due connazionali. La sorte di Girone e Latorre è dunque tuttora in bilico ed emerge sempre di più la gravità dell’errore politico compiuto dal governo Monti che sin dal gennaio 2012 – data del loro arresto - scelse la strada del confronto con le autorità indiane sul terreno giudiziario. Invece, era indispensabile che la sorte dei due marò fosse trattata a livello di governo, perché la loro presenza sulla nave Enrica Lexie si inseriva nelle operazioni anti terrorismo e antipirateria coperte da risoluzioni Onu. L’Italia avrebbe dovuto porre quindi – e da subito - al governo indiano il problema politico della solidarietà – o meno - nella lotta al terrorismo e alla pirateria ed esigere per questo l’immediato rilascio dei due fucilieri di Marina. Invece, scelse incautamente la strada giudiziaria. Con gli esiti che si vedono.