Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 10 Martedì calendario

LA MEMORIA UMILIATA NEGLI SCATOLONI CHIUSI


L’appello di Federico Sanguineti sulla biblioteca di suo padre Edoardo, pubblicato domenica dall’Unità , propone una questione dolente sulla memoria e sul debito di riconoscenza della collettività per i suoi scrittori. Capita talvolta che siano gli eredi — per gelosia, per avidità o per litigiosità — a porre ostacoli alla visione pubblica e allo studio dei documenti dei propri congiunti illustri, dimenticando che in realtà gli scrittori sono congiunti di tutti. Il paradosso è che spesso anche di fronte alla buona volontà dei familiari e alla apparente sensibilità delle istituzioni, le cose possono rimanere ferme nel pantano amministrativo e/o nell’indifferenza prima ancora che nella mancanza di risorse economiche. La vicenda della donazione Sanguineti è appunto uno di questi paradossi: scrive il figlio che l’attuale sede della Biblioteca Universitaria di Genova (il pregevole ex Hotel Colombia), che avrebbe dovuto ospitare i 40 mila volumi del poeta e critico scomparso nel 2010, fu acquistata alla fine degli anni 90 e ristrutturata dal Ministero dei Beni culturali per un totale di 22 milioni di euro. Eppure, dopo dieci anni, quella sede è stata aperta solo nello scorso ottobre. Al momento però mancano persino gli scaffali in cui collocare, oltre al lascito Sanguineti, anche i 650 mila volumi della vecchia biblioteca. Inoltre, per quanto riguarda la raccolta bibliotecaria dello scrittore, ceduta dalla famiglia al Comune, nessuno tra Direzione Regionale ligure e Comitati di gestione ha ancora dato segni di vita.
A quasi due anni dalla cessione, è come se quel patrimonio, che costituisce la storia intellettuale di una delle maggiori personalità della cultura italiana del dopoguerra, non fosse mai pervenuto. Probabilmente i libri sono ancora chiusi negli scatoloni in attesa delle scaffalature. Federico Sanguineti si chiede «se non sia il caso di rendere edotta l’opinione pubblica sull’articolazione delle voci di spesa e sulla consistenza della cassa residua della Direzione Regionale destinata alle esigenze della Biblioteca Universitaria». La richiesta è tanto più ragionevole se si considera il fatto che dopo il restauro l’ex Hotel Colombia si presenta oggi «vergognosamente inagibile almeno agli occhi del comune visitatore», al punto da necessitare addirittura di nuovi interventi di restauro che pongano rimedio, tra l’altro, alle gravi infiltrazioni di umidità, soffitto gocciolante compreso.
Quando fu annunciata la donazione gratuita, disposta da Sanguineti per volontà testamentaria, l’allora sindaca Marta Vincenzi espresse pubblicamente la «gratitudine immensa» della città per «l’atto d’amore molto grande» dimostrato dal poeta e dai suoi familiari. Quel che il figlio di Sanguineti non dice è che gli scatoloni ancora chiusi sono un’umiliazione non solo alla memoria e alla generosità di un grande poeta ma alla stessa memoria storica della città. Quella città a cui Sanguineti dedicò una personalissima guida intitolata, parafrasando la canzone di Conte, Genova per me. Già, Genova per chi?