Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 10 Martedì calendario

I DIRIGENTI SI RIPRENDONO L’AGENDA COSÌ LA SEGRETARIA DIVENTA UN PRIVILEGIO


Alex Cheatle gestisce un’impresa di 350 persone che lavorano in undici Paesi, e lo fa da solo, senza segretaria. Prende appuntamenti, fa e disfa, controlla il suo piccolo impero di alta consulenza e servizi concierge senza neppure il sostegno di un’assistente personale, come si dice con accezione più adatta ai tempi. Forse il signor Cheatle è un esempio al limite di uso con destrezza delle tecnologie, ma anche il segnale che queste tecnologie stanno erodendo sempre di più le arti e le lusinghe di un mestiere che negli ultimi sessant’anni ha segnato l’ascesa e il declino delle classi medie occidentali. Come si domanda il «Financial Times», l’arte dell’uso della segretaria è da considerare ormai un’abilità perduta? Resistono, è vero, alcuni grandi manager di alta gamma che hanno imparato a usare l’assistente come un vero alter ego e un ambasciatore di se stessi, ma i più ormai fanno da soli, usando la segretaria 2.0.
Primo mestiere del riscatto femminile su larga scala, la segretaria è stata protagonista dell’immaginario di varie generazioni, al cinema e nelle vite quotidiane. Una fulgida bellezza come Marilyn Monroe che nei primi provini si era sentita dire «potrebbe provare a fare la segretaria» (e tutto sommato non suonava come un affronto) ne interpretò presto una anche al cinema, nell’«Affascinante bugiardo», dove era l’assistente del protagonista, bionda e deliziosa, già svampita ma non troppo.
Un mestiere che negli anni Quaranta e Cinquanta ha fatto spesso svoltare le vite delle ragazze belle e moderatamente ambiziose che incontravano il capo sul lavoro e se la differenza d’età era accettabile, nel range fra i sette e i 15 anni, lo impalmavano senza poi tante difficoltà: quanti di noi possono raccontare di una parente in famiglia che è passata da dattilografa a moglie del capo? Cosa che è riuscita benissimo anche, in tempi successivi, a Brigitte Seebacher con il cancelliere tedesco Willy Brandt, a Kim Ok con il dittatore nord coreano Kim Jong-il, e a Nicoletta Mantovani con Luciano Pavarotti.
Chi invece non riusciva a fare quel salto, spesso coltivava i suoi devoti sentimenti in modo sotterraneo, magari per tutta la vita. Eterna devozione che non necessariamente voleva dire amore, ma che era comunque inscalfibile, come quella dispiegata da Vincenza Enea nei confronti di Giulio Andreotti. Potente e discreta, sempre a fianco del Presidente anche la domenica, giorno in cui, dalle sei e mezzo di mattina, veniva ricevuta la corte dei miracoli andreottiana. Altrettanto devote furono Pierangela Bozzi nei confronti di Enzo Biagi e Giancarla Vollaro, angelo custode di Enrico Cuccia e di Mediobanca, figura leggendaria ma sconosciuta, il cui nome comparve sui giornali solo il giorno della sua morte, nell’ottobre 1994.
Ma ormai anche per la figura severa e in fondo un po’ scialba della segretaria si avvicinava una svolta, galeotto fu il 2002, quando un film e uno stilista ne rinverdirono i fasti e le regalarono persino spiriti glamour. In «Secretary», Maggie Gyllenhaal, una ragazza con qualche problema psicologico di masochismo incontra il capo ideale, attraversato da sadici spiriti, James Spader che nel film si chiama Mr Grey (con vistoso anticipo sulle «50 Sfumature»), e insieme si avviano verso un sodalizio che ha il sapore dello humor pruriginoso: «Vuole davvero essere la mia segretaria?» chiede lui. «Sì, lo voglio» risponde la sventurata.
Poco dopo Giorgio Armani ne rinforza l’orgoglio decretandone la supremazia estetica: «Amo l’eleganza disinvolta di certe segretarie. Al contrario delle manager, obbligate al tailleur, mostrano più creatività, e anche un po’ spettinate fanno sempre bella figura». Un omaggio a sorpresa a quel look frettoloso e vivace che aveva ispirato la sua collezione, anche quella di svolta, per la primavera/estate del 2003. Da quel momento sulle assistenti del capo han cominciato a fioccare premi, si sono scritti libri («Segretarie» di Micaela Gioia), alcune hanno fatto il salto di qualità, non più via matrimonio, ma sulla strada della carriera. È successo con Deborah Bergamini, da ex assistente personale di Berlusconi a stratega mediatica, e con il sottosegretario al Lavoro Jole Santelli, ex assistente di Marcello Pera.
Ma la svolta più clamorosa c’è stata per Germana Chiodi, per anni segretaria personale di Bernardo Caprotti in Esselunga, poi diventata dirigente, ora in pensione con un contratto di consulenza, donna tanto intelligente quanto influente all’interno dell’azienda. A lei di recente sono arrivati 10 milioni di donazione da parte del capo.