Francesco Malgaroli, la Repubblica 10/12/2013, 10 dicembre 2013
POSTER, RISTORANTI E PERSINO REALITY “MADIBA” VALE 53 MILIARDI DI EURO
MADIBA, Rolihlahla, o Tata, forse il suo appellativo più colloquiale, era sulla bocca di tutti. Mandela però era anche un marchio. E adesso diventa oggetto di consumo, come la Coca Cola, Apple o Google. Secondo gli analisti inglesi, il brand Mandela varrebbe 53 miliardi di euro. Dalle magliette, ai poster, al vino, fino a reality show, “tutto fa Mandela”. Ora diventa più difficile proteggerlo. E guardando le figlie e i nipoti di Mandela, che arraffano soldi dappertutto, viene da pensare al peggio. Ad esempio, secondo quando indica il quotidiano britannico Daily Telegraph, ci sono loro dietro il business delle stampe delle mani di Madiba, vendute a 14mila euro l’una, e uno dei nipoti avrebbe già venduto i diritti tv dei funerali. Un pezzo, piccolo o grande, di un’icona planetaria fa gola.
Lo stesso Mandela cercò di mettere un freno delegando la gestione della sua eredità a una decina di trust. La Fondazione Nelson Mandela, custode ufficiale del brand, che l’anno scorso ha totalizzato guadagni per 22 milioni di rand sudafricani (1,5 milioni di euro) e asset per 290 (20 milioni di euro), ha posto al sicuro molti copyright, come il noto “46664” — dal numero di cella e l’anno, il ‘64, in cui finì in galera a Robben Island, il nome “Nelson Mande-la”, “Madiba” e “ Rolihlahla”. Però ci sono almeno 40 società che hanno usato il nome per altri fini: come la “Gandhi-Mandela Nursing Academy”, la “Mama Mandela Marketing Company” o il “Mandela’s Shed”, un ristorante. E ci sono altre 140 società che sfruttano il nomignolo Madiba, dai “Madiba Wines” alla “Madiba Bottle Store”. Se la fondazione possiede il dominio nelsonmandela. org, mandela.org appartiene invece a una società brasiliana. «Mandela ha permesso che il suo nome girasse senza pensarci, solo negli ultimi anni abbiamo iniziato a mettere paletti e ad adottare un codice di comportamento», osserva Verne Harris, direttore della Fondazione.
Nel 1994, quando la democrazia si affacciava in Sudafrica, Mandela era al “top” anche per quel che riguardava il suo marchio. Non così fino a una settimana fa, quando il Sudafrica faceva pensare all’uccisione dei minatori a Marikana o agli scandali di Jacob Zuma. Non c’entrava lui, ma il risultato era lo stesso. Mandela era riverito, c’erano libri su di lui, ma il marchio, secondo gli analisti finanziari, attirava meno. Ora il ricordo dopo la scomparsa può fare la differenza. Pensando alle elezioni del prossimo anno, l’Anc, come gli altri contendenti, avranno bisogno di un po’ di “magia Mandela”. Chissà che non porti benefici anche a quei milioni di diseredati che, per campare, in questi giorni di lutto vendono foto di Mandela agli angoli delle strade?