Francesco Semprini, La Stampa 10/12/2013, 10 dicembre 2013
LA MAXI-FAMIGLIA CON 23 FIGLI È DIVENTATA ANCHE UNA FAVOLA
Fairbanks (Alaska). La staccionata in legno fa da recinzione a un piccolo parco giochi che sembra uscito da tempi lontani. C’è un cavallo a dondolo, un’altalena e uno scivolo adornato con disegni floreali. Accanto due bambini si contendono il prossimo «swing». «Vi presento Amber e Daniel, i nostri nipoti, o meglio due dei tanti», dice un uomo dalla barba bianca e con vistose bretelle. Quasi ingannevole la somiglianza con Santa Claus se non fosse per il fatto che anziché in Lapponia ci troviamo nella Terra di frontiera degli Stati Uniti, l’Alaska.
Quel Babbo Natale «made in Usa» è Joe Carlson, protagonista con la moglie Nancy di una storia incredibile, una favola pionieristica fatta di coraggio, pregna dell’amore per i bambini, e che riporta indietro alla corsa all’oro nero. Ed è proprio da qui che ripartiamo, dal Trans-Alaskan Pipeline System quella gigantesca condotta di circa 1.500 chilometri che dalla Baia di Prudhoe raggiunge il porto di Valdez.
Un’opera terminata nel 1977, che ha cambiato le sorti energetiche dell’America e per questo divenuta un monumento nazionale. Tanto da spingere centinaia di persone, quando i ghiacci si ritirano, a imbarcarsi su ultraleggeri modello «Piper Navajo Chieftan» per superare il Circolo polare artico e atterrare a Coldfoot, un avamposto di 45 anime che fa da ultimo anello di congiunzione con il nord dello Stato.
E da lì riscendere in jeep sulla Dalton Highway attraverso tundra, catene montuose e valli fluviali, tra i colori violetti delle piante di labrador e le incursioni di daini assai sprovveduti. Il tutto a una velocità proibitiva: oltre otto ore per riscendere su circa 400 chilometri, una crociera d’altri tempi ma che a suo modo permette di vivere quella realtà in tutte le sue sfaccettature, compresi i Carlson.
La loro casa è divenuta una tappa obbligata per chi dal Circolo torna verso Fairbanks, si beve una tazza di te’, si sentono i racconti di Nancy e Joe, si acquistano souvenir, e si ammira il museo a cielo aperto dirimpetto all’abitazione. A partire dalle due «Cocker Aerobus», vetture degli Anni Settanta e Ottanta, con cinque o sei file di sedili.
E’ del resto un po’ il simbolo della storia di Joe e Nancy, un nucleo molto allargato come si direbbe oggi, perché oltre ai cinque figli avuti naturalmente, la coppia ne ha adottati altri diciotto. Una famiglia Bradford all’ennesima potenza, per chi ricorda la storica serie tv, ma che ha scelto l’Alaska anziché la più mite Sacramento. Joe è un uomo della Marina militare di stanza nelle Midway, nel cuore del Pacifico, e come gran parte dei militari la sua e quella della sua famiglia è una vita «senza fissa dimora».
Dalle Hawaii finisce in Minnesota, poi in Florida e quando il presidente Nixon nel 1971 chiude una serie di strutture della Us Navy, i Carlson vanno in California. «E’ qui che abbiamo accolto il primo figlio adottivo - ci racconta Joe - Greg un ragazzino molto inquieto ma di animo buono. Dopo qualche mese mi ha rivelato che aveva una sorella e decidemmo di accogliere anche lei per non separarli». In realtà poco dopo Joe e Nancy apprendono che Greg di fratelli ne ha tre, ma a quel punto non si tirano indietro: Li abbiamo accolti tutti come figli, al pari di Cherie, Vicky, Brad e di tutti quelli che sarebbero venuti dopo. Così è nata la grande famiglia dei Carlson e la loro vita: Joe lascia la Us Navy e decide di trasferirsi, destinazione Alaska. Lo Stato di frontiera, entrato nell’Unione nel 1959, è uno dei pochi che riconosce la parificazione dell’insegnamento a casa. «Abbiamo pensato che fosse il posto giusto per creare la nostra Homestead comunity», dice Nancy.
E così dopo aver guidato verso nord su un vecchio «Schoolbus», trovano dove metter radici, un appezzamento di terreno che chiameranno «Joy», ovvero Gioia.
La loro famiglia diventa una comunità dove trovano un tetto tutti quei bambini della zona senza genitori, o in difficoltà. I «kids» della «Homestead» diventano così 23. Oggi sono professionisti in giro per il Paese o per il mondo, c’è un importante business man in Giappone, un senatore statale, una ricercatrice, insegnanti, consulenti. Certo l’eccezione rientra nella legge dei grandi numeri: «Daniel e Amber stanno con noi perché il papà non riesce proprio a non ficcarsi nei guai», confessa Joe, ma senza mai mostrare malinconia. La loro storia diventa un libro «Homestead Kid», scritto da Cherie Curtis una delle figlie. Mantengono la promessa e ce ne inviano una copia con dedica: «Spero che leggere questa storia sarà tanto piacevole quanto lo è stato per noi viverla». Firmato Mamma e Papà Carlson.