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 2013  dicembre 09 Lunedì calendario

L’UOMO CHE VOLEVA INGRASSARE PER ANDARE IN TELEVISIONE


Un uomo, Barry Austin, in questi anni ha cercato di battere un record: diventare l’uomo più grasso di Inghilterra. L’allenamento al peso ha richiesto un’alimentazione più che forzata, intorno alle 29 mila calorie al giorno. Considerato che in via approssimativa il fabbisogno calorico si aggira sulle 2.000 calorie al giorno, capite bene che Barry ha dovuto affrontare una dieta molto particolare, per niente facile da organizzare, di certo non in linea con i consigli dell’Organizzazione mondiale della sanità. Dunque, per esempio, la colazione prevedeva sei salsicce di maiale, tre uova fritte e svariate pancette. E bisogna ammettere che nonostante l’impegno per pranzo e cena, il grosso delle calorie doveva essere per forza fornito dai 12 litri giornalieri di coca cola (5.040 calorie) e da 40 pinte di Stella Artois (circa 10.240 calorie).
Comunque, Barry è riuscito nell’intento e fino al 2004 ha tenuto stretto il suo record, poi ha dovuto cedere la corona, purtroppo i grandi obesi sono in aumento e non è facile primeggiare in questa categoria. Ci sono di sicuro ragioni psicologiche — più fonti segnalano che l’uomo ha cominciato a mangiare a dismisura dopo la morte della madre — ma sta di fatto che per merito o per colpa del suo peso, Barry è diventato celebre, e spesso è stato sotto i riflettori. Ora le sue condizioni di salute si sono seriamente aggravate e l’uomo sta tentando di perdere peso, mantenendo un regine calorico intorno alle 1.500 calorie al giorno.
Tuttavia, se prima voleva essere un obeso famoso ora sta cercando di dimagrire per mostrare al mondo gli effetti deleteri di una cattiva alimentazione: insomma in un modo o nell’altro il suo comportamento richiama l’attenzione dei media. Dunque, è fisiologico che casi simili facciano scattare i soliti quesiti: ma non è che i media sono delle pericolose calamite che attirano e amplificano le ossessioni, pur stupide che siano? Insomma, ’sti famosi 15 minuti di celebrità non stanno diventando un problema di massa? Considerato che un veloce giro online ci mostra tante persone che espongono il peggio di sé pur di attirare l’attenzione (c’è chi si ustiona in diretta, chi si butta sui cactus, chi dice la stessa parolaccia per dieci minuti), il dubbio che siamo in via di peggioramento viene, eccome. È pur vero, però, che rispetto a solo qualche decennio fa, un numero crescente di persone, oggi, nutre ambizioni creative e ha a disposizione mezzi semplici ed economici per coltivarle.
Quelle ambizioni che, appunto, tempo addietro erano riservate a una classe ristretta di persone, ora sono un patrimonio collettivo, dunque questi casi perniciosi andrebbero contestualizzati, magari sono il costo che la democrazia culturale (in senso lato) è costretta a pagare. Forse i casi suddetti — chi è disposto a tutto pur di contare qualcosa in questa hall of fame di manica larga — sono un residuo di un cattivo romanticismo. Nascono cioè dall’idea che le creazioni, belle, brutte, stupide e non, siano il frutto di scoperte individuali. Si è ancora convinti che c’è una singola lampadina che si accenda nella testa di una sola persona. È una visione molto lontana dal processo creativo che oggi innerva la società, frutto della suddetta cultura di massa. Le idee nascono da connessioni ampie e generalizzate, le lampadine si accendono in molto luoghi e la nostra scommessa è farle luccicare insieme. Dunque più che concentrare la nostra attenzione sui singoli casi creativi – spesso un po’ malati – e proporci come isole autarchiche, dovremmo abituarci a pensare a noi stessi in relazione con ampie e variopinte reti. Ancora meglio sarebbe porci obiettivi comuni, indirizzare i nostri sforzi, politici ed economici, per integrare saperi diversi, costruire ponti tra isole. È un lavoro lungo e difficile, e siamo all’inizio, nessuno ha ancora chiare le regole da applicare. Ma è una scommessa da affrontare, il potere di molte menti che lottano per un obiettivo comune, migliorativo e sostenibile, di sicuro potrà scoraggiare o limitare il potere dei singoli che ossessivamente e stupidamente cercano di dare il peggio di sé, e magari ci riescono anche per un attimo, distogliendo la nostra attenzione da sfide più serie da affrontare insieme.