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 2013  dicembre 07 Sabato calendario

CORSA ALL’ORO BIANCO


L’inverno polare attanaglia le isole Svalbard. Approfittando della penombra che ha inghiottito la Longyearbyen, un uomo spia i bambini della scuola materna. Quel giorno la piccola Ella scompare. Com’è possibile? Niente del genere è mai successo nella pacifica cittadina artica, minuscola capitale di uno dei luoghi abitati più a nord della terra, dove tutti si conoscono e non esistono segreti. Comincia così un’indagine che attraversa le sconfinate distese dell’Adventdal e i ghiacci mobili del fiordo per addentrarsi nei cunicoli della miniera di carbone attorno a cui gravita la vita dell’isola. Un viaggio ricco di mistero ma autentico, che Monica Kristensen, romanziera atipica, descrive nel suo nuovo giallo La leggenda del sesto uomo (Iperborea). Della sua attività letteraria, in particolare, parlerà il 12 dicembre al Courmayeur Noir Festival. Mentre l’11 dicembre sarà al Museo di scienze naturali di Milano per una conferenza sul suo lavoro di scienziata. Nata in Svezia e cresciuta in Norvegia, la matematica, fisica e glaciologa Kristensen è, infatti, una delle più note esploratrici polari nordeuropee, nonché la prima donna al mondo a essere insignita, nel 1989, della medaglia d’oro della Royal Geographical Society per il suo contributo alla ricerca sull’Antartide. Il debutto letterario risale al 2007 e i suoi romanzi ambientati alle Svalbard, dove ha passato due anni a osservare le aurore boreali, sono un cult in vari Paesi europei.
«Sono convinta che l’ambiente in cui viviamo ci formi in molti modi», racconta a left la scrittrice spiegando come mai ha deciso di ambientare in suoi libri in uno scenario così inusuale. «Nell’Artico, e alle isole Savalbard in particolare, ci sono pochissimi abitanti. Sono luoghi che potrebbero affascinare tutti gli scrittori di gialli, poiché paradossalmente il Polo è come una misteriosa “stanza chiusa”». La scelta di descrivere questi luoghi e le persone che li abitano affonda le radici anche nella professione della Kristensen: l’obiettivo è far conoscere le regioni polari del nostro pianeta, per contribuire a limitare il saccheggio in atto delle loro preziose risorse naturali.

Tra i ghiacci solo apparentemente inanimati si cela un’infinità di tesori disparati: dal pesce alle risorse energetiche, dalle pietre preziose all’acqua dolce. «Entrambe le regioni polari sono ricchissime di risorse naturali. L’Oceano Artico abbonda di plancton che sfama un’enorme varietà di pesci ed è il primo anello della catena alimentare composta da foche, trichechi, balene, orsi polari». Sebbene queste acque siano perlopiù molto profonde, «è provato che i fondali sono ricchi di risorse petrolifere e di gas». L’Antartide è una vasta distesa di altipiani ghiacciati. «Sulla terraferma ci sono grandi riserve di minerali di ogni tipo, alcuni molto rari, come diamanti e oro. Il mare che abbraccia il Polo Sud costituisce un habitat ricco di plancton, di minuscoli crostacei, foche, pinguini, balene e così via, proprio come nell’Artico. In Antartide i giacimenti di petrolio e gas sono probabilmente più ricchi di quelli del Polo Nord». E poi c’è la risorsa più importante, la cui contesa secondo gli analisti sarà la principale causa dei conflitti e dei fenomeni migratori di massa nei secoli a venire: l’acqua dolce.
«Un iceberg antartico di media grandezza, tra quelli che sovente si staccano dalla calotta, potrebbe fornire all’intera popolazione mondiale tutta l’acqua dolce di cui ha bisogno» osserva Kristensen. Il problema è riuscire a portarlo verso nord, dove il mare è più caldo e dove vivono le persone. Lei stessa ha elaborato un progetto per trascinare gli iceberg dall’Antartide, ma si è rivelato impraticabile. Non è ancora stato trovato il modo per impedire che si spacchino e si sciolgano. La regione artica è più vicina agli insediamenti umani. Ma l’acqua è ancora un tesoro quasi del tutto inaccessibile, e viene sfruttata solo a livello locale. «Qui l’acqua dolce proviene dai ghiacciai e dai grandi fiumi, che però scorrono principalmente in Russia».

L’idea comune è che i due poli siano terra di nessuno. È davvero così? «Nessuno può vantare diritti sull’Alto Artico o sull’Antartide», risponde Kristensen. «Per quanto riguarda il Polo Sud esiste un trattato internazionale stipulato nel 1957 (The Antarctic Treaty) che congela ogni rivendicazione fatta fino a quella data. E i Paesi che lo hanno sottoscritto accettano di aderire al protocollo che afferma diritti di sfruttamento uguali per tutti». Nonostante ciò «le liti sui diritti di trivellazione nei mari vicini alle Falkland sono già iniziate». Nell’Artico la situazione è più complicata, a causa della banchisa che circonda i Paesi confinanti. «Diverse nazioni hanno avanzato diritti su parti dell’Oceano Artico vicino al Polo Nord. Già oggi le risorse petrolifere e di gas vengono sfruttate in Alaska, Canada, Russia e Norvegia. Purtroppo le decisioni diplomatiche che regolano gli oceani sono meno rigide dell’Antarctic Treaty». Il risultato è facilmente intuibile. I ritrovamenti stanno lentamente slittando verso nord, compromettendo l’intero ecosistema. Il danno incalcolabile si somma a quello prodotto altrove dalle attività umane. Ma non c’è solo il “solito” effetto serra a minacciare la vita polare. «Agenti inquinanti di ogni tipo vengono trasportati dalle correnti oceaniche e dai forti venti. È triste pensare che le regioni polari contribuiscono solo in piccola parte all’inquinamento ma ne sono al tempo stesso fortemente affette. Se vogliamo proteggere soprattutto l’Artico dobbiamo modificare le nostre abitudini. A partire dall’inquinare meno i luoghi in cui viviamo».