Sissi Bellomo, Il Sole 24 Ore 8/12/2013, 8 dicembre 2013
LINGOTTI «MADE IN ITALY» PER IL BOOM DEL KAZAKHSTAN
È un’azienda italiana a coronare i sogni d’oro del Kazakhstan, Paese le cui miniere si stanno sviluppando a ritmi poderosi e la cui banca centrale è una delle più attive al mondo nell’accumulare riserve auree. Se d’ora in avanti potrà vantarsi di produrre in patria tutti i propri lingotti, lo deve alla Ikoi, società con sede nel vicentino, per la precisione a San Zeno di Cassola, alle porte di Bassano del Grappa. È a loro che si è rivolto il Governo di Astana, per la costruzione di un nuovo maxi-impianto per la raffinazione dell’oro, che li emanciperà dalla necessità di inviare – con costi non indifferenti – i minerali in Svizzera per la lavorazione.
«Non voglio fare nomi, ma le assicuro che abbiamo battuto la concorrenza di gruppi internazionali davvero potenti», racconta Giovanni Faoro, amministratore unico della Ikoi, l’azienda di famiglia, che in oltre quarant’anni di storia è cresciuta fino a diventare uno dei maggiori fornitori di macchine per la lavorazione di metalli preziosi al mondo. Il tutto senza abbandonare i modi schivi che caratterizzano tante piccole, grandi realtà industriali del Veneto, miracolosa locomotiva italiana, oggi sempre più in affanno.
La crisi non ha fermato Ikoi, un nome sconosciuto ai più, ma che conta tra i suoi clienti alcune tra le maggiori zecche del mondo, come ad esempio quella australiana. «Abbiamo brevetti che ci invidiano ovunque – racconta Faoro, rompendo l’abituale riservatezza –. Circa quindici anni fa abbiamo inventato la "Flameless Tunnel Technology", che ha fatto tramontare la tradizione millenaria di fondere l’oro nel crogiolo, perché consente di produrre lingotti perfetti in un ambiente protetto, senza fiamme libere e senza fumi, con grandi vantaggi per la sicurezza e per l’ambiente, perché si abbattono le emissioni e si risparmia il 30% di energia. La London Bullion Market Association (Lbma) ha modificato le sue regole, per adeguarsi alla nostra innovazione».
Un punto importante per Ikoi e non solo per motivi di orgoglio, ma anche commerciali. L’Lbma governa infatti con severità i requisiti – principalmente di dimensioni e di purezza – cui devono rispondere le Good Delivery Bars, gli unici lingotti accettati dalle maggiori Borse del mondo e utilizzabili come riserva aurea dalle banche centrali e dal Fondo monetario internazionale.
Ikoi non avrebbe avuto alcuna chance di ottenere la commessa kazakha se le sue tecnologie non fossero state all’altezza. Obiettivo di Astana è infatti proprio quello di ottenere barre Good Delivery, per la sua banca centrale. Il vicepresidente di quest’ultima, Bisengali Tadzhiyakov, l’anno scorso aveva descritto chiaramente i piani dell’istituto: dimininuire l’esposizione delle riserve all’euro, accrescendo invece quelle aurifere dal 14-15% fino ad almeno il 20%, acquistando oro dai produttori locali, che ambiscono a raggiungere un output di 70 tonnellate l’anno entro il 2015. L’ambizione forse è eccessiva: nei primi dieci mesi di quest’anno il Kazakhstan di tonnellate ne ha estratte 35 (in crescita comunque del 5,9% rispetto allo stesso periodo del 2012).
D’ora in avanti, tuttavia, la sua capacità di raffinazione farà un enorme salto di qualità. Proprio come desiderava il presidente Nursultan Nazarbayev. È stato lui in persona a ordinare la costruzione di una nuova, grande e moderna raffineria, che affiancasse i due impianti del Paese (uno della Kazzinc, controllata da Glencore Xstrata, e l’altro della Kazakhmys, che però non produce secondo gli standard Lbma). «Vogliamo che il nostro oro resti in Kazakhstan – aveva affermato Nazarbayev –. Finora Dio solo sa dove andava. Questo deve finire».
Detto fatto. La terza raffineria, di proprietà della statale Tau-Ken Samruk e finanziata dal fondo sovrano (l’investmiento dichiarato è di 38 miliardi di dollari), verrà inaugurata il 10 dicembre. La sua capacità di raffinazione ammonta a 25 tonnellate di oro e 50 tonnellate di argento l’anno.
«Siamo riusciti a finire tutto in appena dieci mesi, consegnando gli impianti chiavi in mano – ricorda Faoro – Dove prima c’erano solo campi e neve, adesso c’è una raffineria modernissima. Con tecnologia al 100% italiana».