Cristina Gabetti, La Lettura - Corriere della Sera 8/12/2013, 8 dicembre 2013
TRA VENT’ANNI CI OPERERANNO I ROBOT
«Ora alzatevi in piedi, una persona sì, una no». Amanda è in sedia a rotelle. Nello splendore del Teatro Liszt, a Budapest (Ungheria), dal palco racconta la sua storia, prima dell’incidente che all’età di 24 anni le ha paralizzato le gambe, e dopo. La voce è dolce, lo sguardo terso di chi conquista la vita ogni giorno; il corpo cesellato da grinta, fatica, coraggio, voglia di vivere. Siamo al primo summit europeo della Singularity University, ateneo nato quattro anni fa nella Silicon Valley per connettere e concertare aree di ricerca, sperimentazione e produzione, al fine di trovare, insieme, gli strumenti migliori per affrontare le sfide del nostro tempo. Amanda ci chiede, per un momento, di calarci nella sua realtà: «Giratevi e osservate le persone che avete di fianco. Capite che non posso guardare la gente negli occhi, non posso abbracciarla?». Quella di Amanda è tra le tante realtà che non vogliamo vedere: disabilità fisiche, mentali, malattie, problemi sociali, ambientali, economici. Dopo la profonda empatia che genera con le settecento persone presenti, arriva la sorpresa. In tre minuti ribalta umori e prospettive. Assistita dalla giovane fisioterapista, indossa un esoscheletro, si alza e cammina. Veste un oggetto vivo che interagisce con il suo corpo; muovendolo lo libera e lo rieduca.
L’esperienza di Amanda è un esempio concreto della mission di Singularity University, perché il suo esoscheletro è il risultato di un processo di collaborazione tra persone con competenze diverse. In due giorni 14 docenti — medici, futurologi, ingegneri e ricercatori — presentano robot, nanotecnologie, applicazioni per ogni sorta di bisogno umano, che varcano la soglia del prossimo futuro. Un futuro presente che presto stravolgerà il mondo. La velocità dello sviluppo è difficile da metabolizzare. «Nel 2010 si scambiavano in rete 5 exabyte (5 miliardi di gigabyte, ndr ) di informazioni ogni 2 giorni, volume che quest’anno viene condiviso ogni 10 minuti. Il nostro cervello ragiona in maniera lineare e non è in grado di comprendere la rapidità del progresso. Non siamo capaci di stare al passo», spiega Salim Ismail, esperto in dinamiche esponenziali. Quando un nuovo strumento è approvato, è già superato. Leggi e protocolli dovranno adeguarsi. «In natura non ci sono dipartimenti separati, la struttura è collaborativa», racconta Neil Jacobsen, consulente, docente e ricercatore di intelligenza artificiale. «Oggi più che mai occorre avere un approccio interdisciplinare. L’assistenza cognitiva ci consente di accedere a qualunque tipo d’informazione in fretta, meglio e a costi sempre più accessibili. I rischi sono tanti, ma non possiamo spazzare queste tecnologie sotto il tappeto o proibirle, perché altri ne trarrebbero i vantaggi creando distanze incolmabili».
La nostra passione per strumenti sempre più efficaci è il motore di questa accelerazione che si moltiplica grazie a tecnologie open source , crowdfunding , e alla democratizzazione di elaborazioni sofisticate. «È vicino il giorno in cui un americano cieco potrà comunicare con un bulgaro sordo» spiega Rob Nail, e racconta di aver conquistato il dono dell’ubiquità grazie a un robot che, connesso via web, gli ha consentito di conversare a una festa a San Francisco durante la pausa di una conferenza che presiedeva a centinaia di chilometri di distanza. I robot che svolgono azioni ripetitive sono già presenti in case e ospedali, sono più precisi della mano umana e ci battono sul tempo nell’elaborazione di dati. Tra vent’anni sembrerà barbara l’idea di farsi operare da un chirurgo in carne e ossa. Nanorobot porteranno medicine in situ alle cellule tumorali dopo aver individuato, attraverso la mappatura del Dna, quelle più adatte all’organismo del paziente. Già oggi, le tecnologie in campo medico sono mille volte più efficienti rispetto a dieci anni fa. Droni consegneranno beni di prima necessità in luoghi altrimenti irraggiungibili (così come gli acquisti di Amazon), veicoli autopilotati consentiranno ai disabili di muoversi, e si risparmieranno 1,2 milioni di incidenti stradali l’anno. Non avremo bisogno di spedire merci per il mondo perché le stamperemo in casa.
«L’hamburger sintetico non ha ancora un gusto accettabile, ma ci arriveremo presto, e non occorrerà allevare altri 50 miliardi di animali per soddisfare la domanda crescente di carne» racconta Scott Summit, pioniere della stampa tridimensionale. Che oggi produce già abiti, gioielli, protesi, giocattoli e pistole. Il futurologo e inventore Ray Kurzweil, cofondatore della Singularity University, predice: «Nel XXI secolo vivremo non 100, ma più probabilmente 20 mila anni di progresso misurato al tasso del 2010». Ciascun relatore a Budapest sorprende e invita la platea a diffondere un importante messaggio: è necessario aprire un dialogo con tutte le parti sociali, politiche, imprenditoriali e legislative, perché il cambiamento è radicale, sconvolgente, inevitabile. Procede a ritmi supersonici e se ci prepariamo ad accoglierlo invece di opporre resistenza, si apriranno infinite possibilità. Cambierà l’essere umano, cambierà la struttura delle nostre società e la questione non riguarda solo «esperti» o «addetti ai lavori», ma tutti noi.