Ester Corvi, Milano Finanza 7/12/2013, 7 dicembre 2013
CHI HA AZZECCATO E CHI NO LE PREVISIONI SUL 2013
Fine anno, tempo di previsioni, ma anche di verifiche. Fra gli esperti che nel dicembre 2012 hanno pubblicato le rispettive proiezioni sull’andamento di pil, listini azionari, titoli di Stato, valute e commodity si può adesso dire chi ha azzeccato le stime e chi no, in una sorta si reality-check. Anche se nel 2013 centrare i dati è stato particolarmente arduo, data la forte turbolenza dei mercati. Andando con ordine, lo scenario globale delineato da Jim O’Neill. guru di Goldman Sachs si è rivelato un po’ troppo ottimista. Il tasso di crescita del pil mondiale, che lo strategist indicava intorno al 3,6%, è stato infatti decisamente più basso (2,9%), soprattutto a causa della frenata dei Paesi emergenti. In India il pil non è salito del 7%, ma della metà (3,4%), in Messico non del 4%, ma dell’1,6%. Lo stesso è successo in Brasile (4% contro 2,8%) e Russia (4% verso 1,3%). Fa eccezione la Cina, dove la proiezione è stata centrata (7,9% contro un 7,8%). Nel caso invece dei mercati sviluppati, Eurolandia concluderà l’anno in negativo (non in aumento dello 0,2%), mentre per gli Stati Uniti la tendenza è stata positiva, anche se più debole (1,7% contro 2,3%). In particolare il giudizio buy (comprare) sull’Italia si è rivelato un po’ azzardato, visto che la ripresa non si ancora concretizzata e Piazza Affari è stata meno dinamica della media (+6,2% contro il +13,8% dell’indice Msci di Eurolandia). Passando ai mercati azionari, gli esperti di Morgan Stanley sostenevano che le borse europee avessero migliori prospettive di Wall Street. A loro favore giocavano i livelli di sottovalutazione e le prospettive di ripresa economica. Il rialzo in effetti c’è stato, ma inferiore a quello del listino Usa (13,4% contro il 25,3% dell’Msci in valuta locale). In euro il distacco è minore, ma sempre evidente (11,5% verso 20,9%). Gli specialisti della banca d’affari americana hanno invece avuto ragione a suggerire di fare più spazio in portafoglio ai settori auto e farmaceutico, visto che entrambi (rispettivamente +27,8% e +20,1%) sono saliti ben più della media di mercato. Così come è stata una buona idea quella degli esperti del Credit Suisse di puntare sul listino di Francoforte, che in effetti ha beneficiato di un’economia più solida, con un impatto positivo sulle quotazioni. Il listino tedesco è cresciuto del 16,8%, più del benchmark europeo Msci (13,4%), anche se nel Vecchio Continente le borse che hanno corso di più sono altre, con Atene che ha fatto un balzo del 42,3%, Helsinki del 30,5% e Dublino del 29,4%.
In Giappone nel dicembre dello scorso anno i piani del primo ministro Shinzo Abe, che prometteva una vera rivoluzione in campo economico, attiravano grande interesse da parte degli investitori esteri. Gli analisti della banca elvetica, così come quelli di altre investment bank estere, come Threadneedle, hanno ben riposto la loro fiducia, visto che l’indice Nikkei ha recuperato più del 40% in valuta locale. Meno efficace è stata invece l’indicazione degli esperti inglesi sull’oro, che non si è dimostrato essere un porto sicuro in cui parcheggiare la liquidità. Avevano puntato su livelli prossimi a quota 2 mila dollari/oncia, ma attualmente il metallo prezioso oscilla intorno a 1.234 dollari l’oncia, il 27,5% in meno rispetto a un anno fa.