Marco Ferrando, Il Sole 24 Ore 7/12/2013, 7 dicembre 2013
L’FMI PROMUOVE LE BANCHE ITALIANE
Come un argine capace di contenere un fiume in piena, i buffer di capitale costruiti negli ultimi anni, più la liquidità a basso costo messa a disposizione dalla Bce dovrebbero consentire alle banche di casa nostra di resistere anche di fronte all’ondata di una nuova crisi. Ma è la salute complessiva dell’Italia a destare le maggiori preoccupazioni: dell’Europa, delle agenzie di rating e del Fondo monetario internazionale, che ieri ha pubblicato le note tecniche del Financial system stability assessment, il rapporto sulla stabilità del sistema finanziario italiano.
In pratica, si tratta dell’ultimo atto del lavoro di monitoraggio condotto dagli economisti di Washington sull’Italia, avviato a gennaio con gli incontri nei palazzi di governo, tra le authority, le banche, le assicurazioni e culminato a settembre con la pubblicazione del rapporto. Ora, però, il Fondo monetario alza il velo sugli stress test condotti sulle banche, una sorta di prova generale di quelli che condurrà la Bce nel corso del 2014, quando in palio ci sarà l’ingresso sotto la vigilanza unica di Francoforte e che, come ha detto ieri Yves Mersch, del Comitato esecutivo della Bce, «copriranno un orizzonte di tre anni e comprenderanno due tipi di scenari, uno di base e uno sotto stress»; il primo si baserà sulle stime primaverili della Commissione europea e su un capitale Core Tier 1 dell’8% mentre per l’altro «si passeranno al vaglio le cosiddette vulnerabilità in una situazione di shock».
Il giudizio sul credito
Tornando al Fondo monetario, come già aveva anticipato a fine estate gli istituti di credito italiani si mostrano in grado di superare le prove: «Gli stress test di solvibilità – recita la nota tecnica – hanno mostrato che il sistema bancario italiano è in grado di assorbire sia il contesto attuale di debolezza economica, sia uno scenario di una protratta crescita a rilento». In pratica, gli esami del Fondo monetario sembrano dimostrare che le banche italiane dispongono di patrimonializzazione (in base ai criteri di Basilea 3) e liquidità sufficienti ad affrontare uno scenario più pesante di quello al momento formulato per il 2014 e gli anni a venire.
Mps, le popolari e le Fondazioni
Certo non tutto il sistema potrebbe reagire allo stesso modo. È così che gli economisti di Washington puntano il dito anzitutto sul Monte dei Paschi di Siena, riguardo al quale la visione del mercato resta debole e finisce per «contaminare la percezione sulle altre banche italiane»; giudizio pesante anche sulle «banche cooperative» e su quelle «sotto una considerevole influenza delle Fondazioni», avverte il Fondo monetario internazionale: questi istituti hanno mostrato «particolari debolezze già nello scenario di base», e «sono chiaramente l’anello più debole del sistema bancario italiano».
Le imprese e le famiglie
Ma se le banche tutto sommato se la cavano, decisamente più pesanti sono i toni riguardo all’economia reale, e in particolare le imprese, a causa della loro fragilità e di livelli di insolvenza «già elevati». Quasi un terzo, ricorda il Fondo, ha in mano metà del debito verso le banche e presenta «una copertura degli interessi a livelli vulnerabili»; di qui i rischi rappresentati dal rapporto fra interessi e utile operativo e una leva finanziaria «fra le più alte nell’Eurozona», dovuta alla bassa capitalizzazione. Le risorse invece non mancano nelle famiglie italiane, alle prese con un calo dei redditi, ma forti di un debito basso e «di un considerevole patrimonio netto». Altro cuscinetto tutto italiano, la casa: finora ha consentito di mitigare gli effetti della crisi, ma un calo sensibile dei prezzi aumenterebbe i rischi e le difficoltà nel ripagare i debiti.