Antonio Galdo, Il Messaggero 7/12/2013, 7 dicembre 2013
L’ITALIA DELLE OPERE INVISIBILI
IL CASO
I Bronzi di Riace ritornano a casa. Ovvero nella loro sede naturale, il Museo archeologico di Reggio Calabria, da dove erano usciti diversi anni fa per finire, parcheggiati nella sede del Consiglio regionale. Complimenti al ministro Massimo Bray che ha spinto, dal ponte di comando del Ministero dei Beni Culturali e del Turismo, per ottenere un risultato così prezioso. Lo diciamo senza ironia e molto seriamente, perché si tratta di uno dei più importanti tesori custoditi in Italia, due statue in bronzo che il mondo ci invidia e vorrebbe visitare. Già, visitare. E qui le cose diventano un tantino più complicate perché il Museo archeologico di Reggio è un paradigma dello spreco italiano, a proposito di monumenti e beni culturali in generale. All’interno ci sono tanti custodi, è una prassi nei nostri musei, mentre quelli che mancano sono proprio i visitatori. Risultato: il Museo archeologico di Reggio Calabria incassa 26 euro l’anno a custode. E intanto gli stranieri, golosissimi di questi tesori che altrove non esistono, da tempo hanno voltato le spalle alle regioni del Sud Italia, dove si concentra un terzo dei siti protetti dall’Unesco e dove, indovinate perché, i conti dell’industria Cultura & Turismo non quadrano. Lo scorso anno i turisti stranieri, che arrivano innanzitutto per le nostre bellezze artistiche e naturali, hanno speso in Italia 32 miliardi di euro, ma di questi appena 4 sono andati a beneficio del sistema Mezzogiorno.
BELLEZZE NEGATE
Risalendo l’Italia da Reggio Calabria, purtroppo, i casi dei monumenti negati e delle occasioni sprecate non diminuiscono, ma semmai si moltiplicano. Metà degli scavi di Pompei, tra un crollo e l’altro, e in attesa di un direttore generale che verrà, non sono visitabili. Chiusi. Arrivederci e grazie: questa è la risposta che piove sulla schiena di chi avesse la sciagurata idea di chiedere di visitare l’ Antiquarium, cioè l’imperdibile museo degli scavi, oppure le tante case in attesa di restauri o restaurate male. E guai a fare troppe domande per capirci qualcosa, perché c’è il rischio di perdersi in racconti surreali: i ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, le gare d’appalto opache o mai chiuse, i reperti trafugati, i furti piccoli e grandi. Un caos, insomma, dal quale non sappiamo se e quando se ne uscirà mai. Così Pompei resta la Grande Occasione sprecata per Napoli, per la Campania, per il Sud e per l’Italia. Spreco ancora maggiore è quello che si consuma attorno al mistero della reggia di Carditello, nel viaggio ai confini della realtà siamo arrivati nel cuore della Caserta borbonica, altro regno di gioielli unici e non valorizzati.
LA REGGIA
La reggia di Carditello cade a pezzi, e l’unica cosa che è stata fatta, sempre in tanti anni, è stata quella di chiuderla. Per poi metterla all’asta, anzi provare a venderla con una serie di fantomatiche aste, tutte andate deserte. Da Caserta a Roma caput mundi. Ricordate la Domus Aurea chiusa per anni e poi aperta con il ministro Walter Veltroni che fece la stessa cosa di Bray, cioè spingere con la frusta per restituire il monumento alla città e ai turisti? È chiusa di nuovo, lavori in corso. Cantieri che vanno e cantieri che non vengono: agli Uffizi di Firenze (1,75 milioni di visitatori l’anno) si aspetta di partorire il raddoppio degli spazi, ma intanto gli scantinati di uno dei musei più noti del Pianeta sono gonfi di opere che al momento possono stare solo sottoterra. Non visitabili. A Milano, in materia di monumenti di incerto futuro, regna il panico e l’incertezza: cambiano sindaci e assessori alla Cultura, ma intanto la Grande Brera resta un sogno incompiuto. A danno della città che nel 2015 ospiterà l’Expo. I monumenti chiusi fanno danni con la pala. Lo sanno i poveri napoletani: avevano perfino un museo del futuro, la Città della Scienza di Bagnoli, e si sono ritrovati con un cumulo di macerie e di cenere. A sistemare la pratica ci ha pensato la camorra.