Lorenzo Simoncelli, La Stampa 7/12/2013, 7 dicembre 2013
LA FAMIGLIA SPACCATA NON RINUNCIA AL MARCHIO MANDELA
Canti, preghiere, fiori, bandiere a mezz’asta. Dal commosso annuncio del presidente Zuma prosegue senza sosta il pellegrinaggio di migliaia di sudafricani davanti alla casa di Nelson Mandela, a Johannesburg, nel primo dei dodici giorni di lutto nazionale che accompagneranno il Paese fino al giorno dei funerali di Stato, fissati il 15 dicembre.
A poche ore dalla morte di Madiba, mentre tutto il mondo lo celebra come il più grande simbolo di pace e riconciliazione, la famiglia continua imperterrita la guerra per accaparrarsi il ricco patrimonio dell’eroe sudafricano. Un lungo cammino verso l’eredità, cominciato anni fa, inaspritosi negli ultimi mesi e che ora rischia di dividere definitivamente il clan.
Nulla ferma la corsa al profitto: non lo ferma il lutto nazionale dichiarato da Portogallo, Brasile e India, i messaggi di cordoglio dai leader di tutto il mondo, nè la lunga lista di Capi di Stato che parteciperanno ai funerali, tra cui il presidente Usa Barack Obama. Ci saranno anche Bill Gates, Bono degli U2 e Annie Lennox, Oprah Winfrey e Naomi Campbell, grande amica di Madiba.
Ma il business non può attendere neanche un minuto, figurarsi dodici giorni di lutto. Il primo «colpo» è andato a segno con la vendita dei diritti tv dei funerali alla Cnn, che avrebbe garantito al nipote Mandela una somma intorno ai 200 mila euro. Dati gli episodi pregressi, c’è da aspettarsi dunque, che la famiglia torni a confrontarsi, come sempre divisa in fazioni, come sempre alla ricerca del miglior profitto personale. Ma adesso, una volta morto Madiba, la vera partita si giocherà sui diritti legati al «brand» Mandela, una macchina da milioni di euro che comprende libri, case vinicole, la House of Mandela, gestita dalla figlia Makaziwe, le linee di moda «Lwtf» (irrispettosamente chiamata «Long walk to freedom», come il titolo della sua famosa biografia) e «46664», il numero di matricola di Madiba nel carcere di Robben Island. Senza contare gli introiti derivanti dagli incassi ai botteghini, cominciando dal pluripremiato «Invictus» all’ultimissimo «Long Walk to Freedom», proprio in questi giorni uscito nelle sale cinematografiche sudafricane e apprezzatissimo dalla famiglia Mandela per aver rappresentato attraverso l’attore inglese Idris Elba, il lato meno iconico, ma più autentico del leader anti apartheid.
Un giro d’affari che si aggirerebbe intorno ai 10 milioni di euro, grazie alla gestione di 110 attività commerciali, quasi tutte legate al brand. Se questo era il prima, adesso che l’uomo che ha fatto la storia del Sudafrica ha lasciato la sua gente, c’è da scommettere che l’aspetto commerciale legato al marchio Mandela avrà un’impennata vertiginosa con i famigliari pronti in prima linea a sfruttare al meglio ogni possibilità.
Tre figlie, due mogli e 18 nipoti. Spetterà a loro spartirsi la torta complessiva di circa 30 milioni di euro che Nelson Mandela lascia ad una famiglia articolata e disunita. L’accanita lotta per l’eredità economica di Madiba era già iniziata anni fa. Nell’aprile scorso, quando ormai sembravano mancare pochi giorni alla morte del padre, Makaziwe e Zenani, due delle tre figlie di Nelson Mandela, hanno cercato, attraverso un esposto al Tribunale di Johannesburg, di far rimuovere alcuni dei grandi amici di Madiba dalla gestione di due holding finanziarie create da Ismael Yacob, ex avvocato di Nelson Mandela. Hanno tentato in tutti i modi, Makaziwe e Zenani, di dimostrare che gli attuali amministratori, tra cui George Bizos, amico fraterno di Nelson Mandela sin dagli anni della dura lotta all’apartheid, erano a capo delle due strutture finanziarie contro la volontà dell’ex presidente sudafricano.
Dopo mesi di schermaglie legali, di fatto nulla è cambiato, ma la torta da spartire è composta da molte altre fette, a cominciare dalla gestione dei fondi della Nelson Mandela Foundation e del Nelson Mandela Children’s Fund, più circa 20 trust intestati a figli e nipoti che gestiscono lussuose proprietà in tutto il mondo.