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 2013  dicembre 07 Sabato calendario

“VORREI CHE IL PUBBLICO LIBASSE CON ME NEI LIETI CALICI”


«Bene, almeno la situazione è chiara. Sono un direttore ospite, non sono candidato a direttore musicale della Scala, non lo sarò, e così finisce uno stillicidio che dura da sette anni, per cui ogni volta che dirigevo a Milano ero “quello in pole position”. Adesso ci possiamo concentrare tutti su Traviata e soltanto su Traviata».
Amen. Già alla primona del 2008, per un Don Carlo che fece il pieno di polemiche, Daniele Gatti si era trovato al centro del tritacarne mediatico. Adesso il maestro milanese, 52 anni, sa che per il posto di direttore musicale della Scala la scelta è fatta ed è quella di Riccardo Chailly. Può darsi che a Gatti dispiaccia (ma evita accuratamente di dirlo), ma così la sua Traviata può andare in scena in un’atmosfera non isterizzata dalle opposte tifoserie. O almeno si spera.
Però la Scala ha steso un’insolita cortina fumogena: poche interviste, poche foto, ancor meno indiscrezioni. Perché?
«Questo lo deve chiedere alla Scala. Io sono un ospite e faccio il mio lavoro. Ma credo che un po’ di sorpresa giovi. Abbiamo una sola compagnia di canto che quindi deve calibrare le forze. Inoltre chi viene a teatro per contestare, se c’è, dovrà decidere al momento se e dove farlo. Non come all’ultimo Ballo in maschera, quando i volantini contro il regista erano stati preparati in anticipo».
I soliti registi. Con Dimitri Tcherniakov come si è trovato?
«La sua è una lettura molto teatrale, per nulla minimalista».
Non crederà di cavarsela così. La famigerata lavatrice su cui morirebbe Violetta c’è o no?
«Ma quale lavatrice! No, le scene sono piuttosto classiche, un po’ claustrofobiche, i costumi attualizzati».
E Alfredo tira la pasta per Violetta. Almeno questo è vero?
«Sì. E’ una scena molto intima, affettuosa».
Si dice che alle prove lei abbia litigato con Tcherniakov e, già che c’era, anche con Stéphane Lissner.
«Nessuna litigata. Può capitare di avere idee diverse. In questo caso, è capitato non su questioni artistiche, ma di metodo, per esempio su come utilizzare al meglio il tempo che avevamo. Tutto qui. E Lissner è stato molto presente alle prove».
Parliamo di musica. E’ soddisfatto?
«Questo lo deciderà il pubblico. Io posso dire che quel che avevo in mente l’ho ottenuto. E da tutti: orchestra, coro e cantanti. Volevo una “tinta” molto delicata, sonorità trasparenti e le abbiamo trovate insieme. Non dirigevo Traviata da dieci anni e in questo periodo l’avrò ascoltata al massimo due volte. E’ stata una riscoperta affascinante».
Si dice che gli orchestrali della Scala non la amino.
«Io ci ho lavorato benissimo e li ho trovati molto professionali. Poi che io sia simpatico o antipatico non è un problema musicale e nemmeno un problema mio».
Resta il fatto che non sarà lei il direttore dell’era Pereira.
«La Scala ha preso le sue decisioni, io le mie».
Le sue decisioni sono di andare al Maggio Musicale, come si dice?
«No. A Firenze, seriamente, sanno che, prima di fare proposte, devono risolvere i molti problemi attuali del Maggio. Poi, se le proposte arriveranno, ne discuteremo. Posso dire invece che in futuro lavorerò molto con la Gustav Mahler Jugendorchester con cui sta incominciando un bella avventura comune».
Ma alla Scala tornerà?
«Sì, ogni due anni, per dirigere spettacoli che ho tenuto a battesimo e che mi sono cari. Nel ‘15 sarà il Falstaff di Carsen nato a Londra e nel ‘17 i Meistersinger che ho fatto con Herheim quest’estate al Festival di Salisburgo».
Alla fine chi gliel’ha fatto fare, di accettareTraviata?
«Senta, io faccio un mestiere molto bello, di grandi soddisfazioni. Non è che me lo possano rovinare quindici persone che fanno buuu! a prescindere. Bisogna accettare le sfide».
Morale: come bisogna venire a questaTraviata?
«Come a quella festa che spero che sia, per Verdi e per la Scala. Io vorrei che la gente uscisse da quest’opera con un’emozione forte, come se avesse ascoltato Traviata per la prima volta».
Non dimentichi l’Inno di Mameli, come capitò a Barenboim al Sant’Ambroeus scorso.
«Macché, l’abbiamo anche già provato. Anzi, novità: ho chiesto all’orchestra di suonarlo in piedi».