Giulia zonca, La Stampa 7/12/2013, 7 dicembre 2013
Indizio numero uno: quando l’Italia viene abbinata all’Inghilterra Roy Hodgson abbassa la testa
Indizio numero uno: quando l’Italia viene abbinata all’Inghilterra Roy Hodgson abbassa la testa. Indizio numero due: in quello stesso momento il capo della federazione inglese Greg Dyke fa il gesto della gola tagliata. Indizio numero 3: diversi media inglesi ribattezzano immediatamente la partita inaugurale di Brasile 2014: «Rumble in the Jungle», come un match di Ali. Contro l’Italia, capace di rifilare ko pesanti, e in pratica nella giungla, nel bel mezzo dell’Amazzonia. Non sono contenti di averci pescato. Tocca al ct dare un po’ di coraggio all’ambiente disorientato dal sorteggio, le telecamere lo riprendono afflitto mentre si compone il calendario poi però prova a risollevare la truppa: «L’ultima volta che siamo stati in un girone mondiale con l’Uruguay era il 1966», ovvero l’unica vittoria inglese in questo torneo. Hodgson è abituato a usare il senso dell’umorismo, dalle improbabili lezioni di inglese con Aldo Giovanni e Giacomo agli spiazzanti nonsense che regala da quando sta sulla panchina dell’Inghilterra. Pare che dovrà fare gli straordinari per strappare sorrisi alla squadra. La Bbc ha ricordato tutte le sconfitte. Europei 1980, Mondiali 1990, Europei 2012 e via la sequenza destinata a tormentare i nostri rivali nei prossimi 189 giorni: i rigori dei quarti di finale in Ucraina, Pirlo che fa il cucchiaio, Balotelli che gioca con la rincorsa e tanti primi piani di un Roy Hodgson impassibile e disilluso. Eppure ora che il prossimo incrocio è servito è ancora lui, 66 anni e poco charme, il baluardo della nazionale. Resta «l’allenatore che conosce bene l’Italia», prima dell’ultima sfida persa era addirittura considerato un mangia italiane e ci sono ottimi precedenti che convalidano ancora questa tesi. Da tecnico della Svizzera ha preso agli azzurri 4 punti nella qualificazioni a Usa 1994, da allenatore del Fulham ha battuto la Juve in Europa League, alla guida del Liverpool ha surclassato il Napoli. Successi in serie e un passato da allenatore dell’Inter che gli ha insegnato «il duro gioco all’italiana». Avrebbe anche potuto trasferirsi nel nostro Paese, come ha raccontato lui stesso. Sei anni fa l’Inter gli ha offerto un ruolo da dirigente, lui ci ha pensato, ha valutato il trasferimento solo che non era pronto a cambiare mestiere ed è tornato in Inghilterra dove è arrivato alla nazionale quasi per caso. Dopo Capello (e la parentesi Pearce) la federazione cercava un uomo esperto e tranquillo, doveva essere un traghettatore però Roy ha ottenuto rispetto e si è tenuto il posto. Sotto la sua gestione non si registrano risultati emozionanti ma neanche scandali. I giocatori stanno lontano dalle copertine dei tabloid e tanto basta. Il suo occhio atterrito è sempre meglio dell’agitata resa di Mr Dyke che usa un dito per sgozzarsi davanti alla prospettiva di un’altra partita con l’Italia. L’ultima volta Andrea Pirlo ha totalizzato più passaggi riusciti (117) dell’intero centrocampo inglese. Hodgson dovrà ridare fiducia e inizia dal vocabolario. Alla centesima intervista il girone da «duro», «difficile», «impegnativo» diventa «interessante». Siamo già nel surreale, come ai tempi di «Mai dire gol».