Francesca Bonazzoli, Corriere della Sera 7/12/2013, 7 dicembre 2013
IL LIBRO VERITA’ SU PIERO MANZONI, INOPPORTUNA RICHIESTA DI SEQUESTRO
Ci sono voluti cinquant’anni dalla morte perché finalmente uscisse una biografia di Piero Manzoni (1933-1963) basata sulla testimonianza diretta di amici e conoscenti del genio che sovvertì il sistema dell’arte fino al gesto estremo delle scatolette di «Merda d’artista» firmate e vendute secondo la quotazione dell’oro. Il volume, Il ribelle gentile. La vera storia di Piero Manzoni , scritto da Dario Biagi ed edito da Stampa alternativa, è però subito inciampato in una querela da parte degli eredi di Manzoni che, attraverso la Fondazione, ne hanno chiesto il sequestro all’autorità giudiziaria. L’udienza è stata aggiornata al 14 gennaio, ma il provvedimento sollecitato appare abnorme nel panorama editoriale italiano.
Che cosa c’è di così oltraggioso nelle centocinquanta pagine scritte da Biagi come un’inchiesta giornalistica? Ricostruzioni false, tendenziose, basate su fonti inattendibili, sostiene la Fondazione Manzoni. In realtà nulla che nell’ambiente artistico milanese già non si sapesse, ossia che Piero morì probabilmente di cirrosi epatica (come sostiene Raffaele Masperi che vide il certificato di morte) piuttosto che di crisi cardiaca, come vuole la versione ufficiale. Che Piero tirava mattina passando da un bar all’altro. Che la famiglia dismise subito l’affitto dello studio di Piero, nel quartiere di Brera, e che fu il baritono Giuseppe Zecchillo a far affiggere a proprie spese la lapide esterna commemorativa. Che secondo Nanda Vigo, fidanzata di Piero, «dopo la storia delle scatolette — dalla metà del ’61, dunque — la famiglia lo trattava malissimo. Gli buttavano addirittura i quadri fuori casa, sul pianerottolo».
Testimonianze analoghe a quelle raccolte fin negli anni Ottanta dalle interviste dirette anche nella tesi di laurea di Mauro Maffezzoni, ma ritenute menzognere e lesive dalla famiglia Manzoni. Eppure il libro non ha alcun tono rancoroso o diffamatorio, non entra nella questione ancora aperta dei falsi, ed è scritto come un emozionato atto d’amore verso un ragazzo geniale morto non ancora trentenne. Un lavoro che aggiunge il tassello mancante alla storia ufficiale di Piero Manzoni.